La Vita e Oltre

 Di: Pietro Francesco Cascino

Quando si parla della morte, paradossalmente si parla della vita. In effetti, solo apparentemente si tratta di un paradosso in quanto come sappiamo, contemporaneamente nella vita vi è morte e nella morte vi è vita secondo il principio di conservazione dell’energia e della materia, vero fondamento della fisica, che è stato sperimentalmente dimostrato ed enunciato  nel 1772 dal chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier ( 1743  1794) nella legge di conservazione della massa in base alla quale nulla si crea  e nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Il chimico e fisico britannico Michael Faraday (1791 – 1867) , nel  1850 scoprì che lo stesso principio valeva per l’energia.

Tuttavia, fino ai primi anni del Novecento nel mondo scientifico si riteneva che la materia e l’energia fossero due mondi assolutamente separati e senza alcun punto di contatto. Tale convinzione fu mantenuta sino a quando un giovane fisico tedesco, Albert Einstein (1879-1955), scoprì che l’energia e la massa (materia) sono i due aspetti che vengono assunti nella realtà fisica ed espresse la sua teoria con la dimostrazione matematica  definita  dall’equazione E = mc²  che sostanzialmente eguaglia l’energia alla massa. Il principio di Lavoisier così si completa attraverso il connubio di massa ed energia, l’una che si trasforma nell’altra e viceversa. Il caso classico è quello dell’energia solare (trasformazione della materia in energia); a livello sub atomico (fisica quantistica) l’urto di fotoni genera continuamente coppie di particelle e antiparticelle (elettrone- positrone, quark-antiquark).Giordano Bruno teorizzava di un universo infinito composto da mondi innumerabili che mutano incessantemente.

Tale processo si manifesta   in un eterno divenire della realtà fisica espressa dall’unione dei due elementi energia e materia. L’uomo avendo acquisito mediante la sperimentazione scientifica la consapevolezza del funzionamento del meccanismo  della natura può ora compiere un salto di qualità interpretando nella loro realtà i due protagonisti della propria esistenza: la vita e la morte. Due componenti della manifestazione della vita terrena  e di conseguenza dell’esistenza dell’uomo. Potremmo definirle due entità che danzano nell’eterna musicalità di un Essere Universale. L’anima umana, come di ogni altra creatura vivente, partecipa a questa danza più o meno consapevolmente propendendo obiettivamente per la vita, poiché nel suo profondo opera attivamente una eterna scintilla di luce e, di conseguenza per l’anima il concetto di morte comunemente sentito dall’uomo incarnato, svanisce essendo assolutamente antitetico al concetto di eterno. Non vi è nulla sulla Terra che non si concretizzi nell’abbraccio della morte ad ogni espressione di vita, in quanto i due aspetti della medesima rappresentazione combaciano esattamente. Infatti non passa un istante in cui alla morte di un numero indeterminabile di cellule non ne sopravvenga la nascita di altrettante secondo una legge che regna latente e sovrana e governa l’esistenza di ogni atomo dell’universo, in virtù della quale l’avvicendarsi della morte non è altro che il preludio di una nuova vita.

Le due pulsazioni intese come vita e morte mantengono il ritmo costante e preciso di un orologio cosmico in cui ogni minimo ingranaggio funziona in armonia con gli altri determinando un equilibrio assoluto. Ciò che nella nostra esistenza terrena fatta di materialità ci appare come distruzione costituisce invece la premessa di un rinnovamento ed è parte intrinseca ed estrinseca del processo evolutivo. Dal seme nasce l’albero, l’albero dà i suoi frutti e da questi nascono nuovi semi per il compimento di un ciclo e l’inizio di uno nuovo che  solo in apparenza è simile al precedente poiché ciò che permane è il principio,  l’archetipo, l’essenza vitale che si ripropone incessantemente.

La mente umana non solo intuitivamente può percepire l’eternità dell’essere incarnato poiché oggi ne ha consapevolezza anche se tale consapevolezza nella maggioranza dei casi giace nel subconscio, nella psiche dell’uomo. L’identità del subconscio agisce mediante i sistemi cerebro spinale e del gran simpatico che costituiscono la controparte fisica dell’anima, il mezzo che consente a questa di esprimersi individualmente. Il cerebro-spinale è il fulcro di ogni azione o inazione dell’essere umano ed è sotto il diretto controllo della coscienza di questi, anche se tale collegamento non è stato ancora scientificamente provato. Tuttavia tale sistema domina, attraverso il sistema nervoso del gran simpatico, il ritmo biologico di ogni forma vivente ed in misura altamente specializzata nell’uomo il quale si esprime mediante la natura duale della mente cosciente e della mente subconscia.

In tale contesto il percorso dell’esistenza umana si realizza sostanzialmente in termini altamente vitali in cui il momento della morte non è altro che un “battito” di segno diverso, ma pur sempre un battito. L’anima è l’espressione della natura dualistica; in essa vi è una parte occulta che viene definita spirituale ed una parte manifesta attraverso la quale avviene l’individualizzazione, la soggettiva personalizzazione. L’anima è duale perché si manifesta in completa autonomia nel microcosmo ma riflette le leggi dell’universo di cui è “spirilla” luminosa. L’anima, secondo gli insegnamenti di antichissime filosofie sarebbe altresì collegata alla marea di ego appartenenti ad un proprio gruppo Karmico e rimane legata alla legge del gruppo fintantoché non si emancipa da esso avendo sviluppato la capacità di gestire il proprio destino. Nel divino afflato, vita e morte, nel loro aspetto cosmico sono protagonisti di quella Entità immanente che vive nell’eterno presente e si manifesta nel suo aspetto più elevato nell’uomo.

Questi, durante la sua vita fisica mediante la sua azione, opera la trasformazione dei suoi corpi sottili e, con l’impronta evolutiva che ne consegue contribuisce all’evoluzione di quella parte dell’anima legata alla sua personalità, ma anche della parte ricollegabile all’Ego o corpo causale che corrisponde all’aspetto spirituale. Alla morte del corpo fisico l’anima distaccatasi da esso viene attratta dai campi magnetici che sono congeniali alla sua natura e ciò determina altre fasi di sviluppo che porteranno l’individuo spirituale ad una successiva manifestazione fisica.

L’uomo che è giunto all’apice della sua esperienza psico-fisica è divenuto un iniziato cioè un nirvana vivente ed a lui si svela il segreto del Kala Hansa in virtù del quale egli vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio e fuori di essi creandosi a volontà un corpo di manifestazione finché è necessario al fine di costituire una forza attiva per l’esecuzione del piano Divino. La morte non è quindi nient’altro che una tecnica dell’anima per svincolarsi dalla materia. Ma questo sistema è disconosciuto o rifiutato dall’uomo non iniziato in quanto esso è  legato alla propria esperienza carnale ed ancora necessita di ulteriore sperimentazione mediante l’esistenza nel corpo fisico.

Per l’iniziato viceversa la morte non esiste poiché egli ha spezzato definitivamente il filo che lo legava al ciclo delle reincarnazioni, il Corpo causale. Pitagora, Platone, Timeo di Locri e tutta la scuola alessandrina fanno derivare l’anima umana dall’anima del mondo universale definita etere, un qualcosa tanto sottile da poter esser percepita soltanto dal nostro occhio interiore ma, per questo motivo l’anima mundi veniva considerata come l’effetto e non la causa, cioè non corrispondeva all’essenza della monade ma ne costituiva soltanto la sua emanazione oggettiva.

Tanto lo spirito umano quanto l’anima sono preesistenti; ma mentre lo spirito umano preesiste come entità distinta, individualizzata, l’anima esiste come sostanza preesistente o come parte inconscia di un tutto intelligente. Entrambi furono creati in origine dall’Eterno Oceano di Luce; ma come i teosofi sostengono vi è uno spirito visibile ed uno invisibile nel fuoco. Una <<anima bruta>> o anima animale, ed una <<anima divina>>. Empedocle riteneva che oltre agli uomini anche gli animali avessero due anime. Aristotele pone una distinzione tra <<anima razionale>> ed <<anima animale>>  essendo la prima proveniente dal di fuori dell’anima universale e la seconda dal di dentro.

La regione divina e superiore in cui questi filosofi collocavano l’invisibile e suprema divinità veniva da loro considerata come il quinto elemento puramente spirituale e divino mentre l’anima mundi propriamente detta si riteneva fosse composta di una natura sottile ignea ed eterica diffusa in tutto l’universo. I più grandi materialisti dei tempi antichi, negavano ogni natura corporea al dio invisibile e all’Anima Divina (spirito). Epicureo, superiore nel materialismo ed ateismo agli stessi stoici, insegnava che l’anima è costituita da un’essenza tenue e sottile formata da atomi di ridottissime dimensioni sferici e lisci. Il collegamento dell’anima con l’individualità soggettiva è importante per stabilire se vi è persistenza o meno della personalità anche dopo la morte.

La possibilità di perdere la propria anima, e quindi l’individualità militerà anche in seguito nelle idee progressiste di certi spiritualisti e pure Swedenborg  la condivide completamente. Essi non accettano la dottrina cabalistica in base alla quale solo osservando la legge dell’armonia, la cui fonte si trova nel nostro stesso spirito divino, l’uomo può guadagnarsi la vita individuale. Ma mentre gli spiritualisti legati alla Cristianità ben poca comprensione possono avere di una possibile morte ed obliterazione della personalità umana con la separazione della parte immortale da quella peritura, gli swedenborghiani lo comprendono perfettamente. Così si esprime riguardo al tema trattato Elena Petrovna Blavatsky in “Iside svelata”:

 “Pitagora insegnava che tutto l’universo è un vasto sistema di esatte combinazioni matematiche. Platone dimostra che la divinità geometrizza. Il mondo è sostenuto dalla stessa legge di equilibrio e di armonia su cui è stato costruito. La forza centripeta non si potrebbe manifestare senza quella centrifuga, nell’armonica rivoluzione delle sfere; tutte le forme sono prodotte da questa duplice forza naturale. In questo modo, per illustrare il nostro caso dell’energia spirituale, possiamo desiderare lo spirito come centrifugo e l’anima come centripeta. Quando sono in perfetta armonia, le due forze producono un risultato; rompendo o modificando il moto centripeto dell’anima terrestre tendente verso il centro che l’attrae, si arresta il suo progresso, inceppato da una gravezza maggiore di materia di quello che può sopportare, e l’armonia dell’insieme che costituiva la sua vita, resta distrutta. La vita individuale può continuare soltanto se sostenuta da questa duplice forza. La benché minima deviazione dall’armonia la danneggia; e quando è distrutta, al di là di ogni possibile redenzione, le forze si separano  e la forma gradualmente si annichilisce. Se, nel corso della vita,  si permette che il raggio del divino genitore venga trascurato o addirittura estromesso per l’ispessimento della materia, come avviene per il depravato ed il malvagio, l’anima, in questo ultimo caso, una volta liberatasi dal corpo, segue la sua attrazione terrestre  ed è magneticamente spinta e imprigionata nelle dense nebbie dell’atmosfera materiale. Quindi continua ad affondare  sempre più in basso finché si trova con la coscienza, nelle condizioni che gli antichi chiamavano <<Hades>>.”

Oltre la vita

Ci si chiede perché l’uomo, nonostante le sue origini divine, possa arrivare ad esprimersi nei modi più infimi risultando il suo agire mentale al di sotto di quello di esseri appartenenti  nella scala evolutiva animale ad un gradino inferiore. Dagli insegnamenti teosofici e secondo quanto riportato  anche da M.me Blavatsky in varie sue opere letterarie tra cui “Iside svelata” e  la “Dottrina segreta”, la vita che permea le cellule dei corpi astrale e mentale ha una forte tendenza iniziale a seguire la corrente del suo sviluppo che va verso il basso, cioè sull’arco evolutivo discendente cosicché progredire per essa vuol dire discendere in forme sempre più dense di materia per imparare ad esprimersi attraverso queste.

Per l’uomo, lo sviluppo evolutivo è sull’arco ascendente. Ma la natura umana è costituita da sette piani (ed ogni piano da sette sottopiani) dei quali solo quelli facenti parte del mondo fisico, astrale, e mentale rientrano nella sfera di coscienza della generalità degli esseri umani, lasciando al piano più elevato dell’intuizione solo piccoli ed istantanei squarci. L’uomo ha la facoltà di esprimersi, secondo la propria natura (che può anche essere costituita da molecole più grossolane e quindi rivestita da un più spesso involucro fisico e  di conseguenza costretta  prevalentemente nei piani più bassi); ma l’uomo ha anche la possibilità di manifestare sé stesso secondo il proprio livello di coscienza ed in base alla propria capacità e volontà  di espressione. In tal modo l’uomo è libero di passare da un piano di coscienza all’altro in ogni momento della sua vita ed è il livello che è stato vissuto in prevalenza che dà la qualità della sua esistenza.

La vita che anima le molecole astrali brama, per la propria evoluzione, ricevere vibrazioni di specie sempre più grossolana e, pertanto, esercita sulla coscienza dell’uomo una certa pressione sottoforma di desiderio intenso. Tale tendenza spinge le particelle più dense verso la periferia a formare una specie di guscio, disponendo le altre particelle in strati concentrici in ordine alla loro densità, ciò affinché il corpo astrale possa conservare la sua forza il più a lungo possibile; ma ciò ostacola il corpo mentale e l’anima a ricevere vibrazioni dai loro relativi piani, restando prigionieri della capsula astrale. Dopo la morte naturale,la coscienza lascia l’involucro fisico e l’Ego resta al centro del corpo astrale.

L’uomo disincarnato resta lo stesso individuo di prima; esso ha solo perduto il mezzo che gli consentiva di manifestare il proprio essere a livello fisico. La durata di permanenza nell’astrale dipende per ciascuno dalla quantità e qualità di azioni, emozioni, passioni e desideri accumulati durante la vita terrena. La permanenza nel mondo mentale inferiore dura finché non si sono esaurite le forze generate dai pensieri durante la vita, quindi l’individuo passa nella sfera del mentale superiore in cui l’Anima trasmuta le esperienze di natura moralmente elevate fatte in vita, in facoltà intellettuali e spirituali e ciò consente a questa, in fasi successive, di liberarsi anche del corpo mentale superiore restando infine pura e libera mantenendo solo gli atomi permanenti dei vari corpi che conservano l’essenza  di tutte le esperienze fatte da ciascun corpo all’atto delle successive incarnazioni.

Ciò consente all’anima di essere convogliata nella corrente della rinascita e venire nuovamente in manifestazione in un luogo ed ambiente più adatti alla sua evoluzione. In genere si guarda alla morte con atteggiamento di tragica desolazione poiché essa implica la cessazione di ogni rapporto umano che si esprime attraverso i cinque sensi fisici e determina uno strappo ad ogni legame affettivo lasciando nell’espressione sentimentale dell’animo umano un senso di sgomento che deriva dalla consapevolezza che al momento del trapasso si varca una soglia che conduce verso l’ignoto. Ma l’uomo dovrebbe tener presente che l’esperienza della morte viene da esso regolarmente fatta durante una fase profonda del sonno in cui temporaneamente si è trasportati su altri piani nei quali si sperimentano le proprie reazioni in un’altra dimensione.

L’uomo tra i sogni che ricorda non riesce facilmente a selezionare quelli che si riferiscono all’esperienza vissuta su altri livelli di coscienza ed in dimensioni diverse rispetto a quella che egli vive nella sua quotidiana consapevolezza. L’uomo, in tal modo non riesce a distinguere la differenza fra il sonno e la morte poiché durante il sonno resta intatto il filo che lega il corpo fisico all’Anima (il sutratma) che costituisce il canale di rientro nel corpo fisico stesso, mentre con la morte tale filo viene spezzato.

Per chi aspira alla vita spirituale la morte non è che un passaggio ad una sfera di servizio ed espressione che esso già conosce in quanto anche nel sonno esso viene addestrato in tal senso e di ciò resta traccia nel suo subconscio. Per gli uomini altamente evoluti si verifica un senso di previsione riguardo alla morte avendo essi un intimo contatto con l’Anima ed essendo consapevoli dei suoi voleri. Gli iniziati che conoscono le leggi di astrazione si ritirano in piena consapevolezza dal corpo fisico, continuando ad agire nel corpo astrale. Con la convinzione che l’Io non muore l’uomo modifica la propria esistenza riducendo il sentimento di incertezza e la paura per il trapasso cercando di costruire dentro di sé giorno per giorno il proprio Paradiso.

Ma di un’altra cosa l’uomo dovrebbe convincersi: che l’immortalità riguarda solo il Sé superiore e non l’Io personale, in quanto con la dissoluzione dei corpi astrale e mentale la personalità è destinata a svanire per lasciar posto, dopo un periodo indefinibile (in quanto è determinato dal livello di sviluppo dell’anima) ad una nuova personalità che sarà necessaria per esprimere al meglio nella successiva incarnazione le qualità acquisite per una nuova esperienza di vita.

Il percorso evolutivo dell’Anima attraverso le vite successive è sottoposto alla legge del Karma la legge di causa ed effetto che interviene e condiziona la nascita come una potenza equilibratrice. Questa legge permette all’uomo di guardare nell’abisso del proprio destino per poter meglio operare nel corso della sua incarnazione. L’uomo ha la libera scelta dei suoi atti e delle vie da percorrere ma non è altrettanto libera la scelta della serie di reazioni ed effetti  che gli vengono imposti dalla legge di causalità. Ne deriva che l’uomo è giudice e legislatore di sé stesso ed arbitro della propria vita. La legge del Karma interviene distribuendo ricompense e castighi in relazione alle scelte ed alle azioni fatte nel corso delle vite vissute. Il Karma, quale grande legge di giustizia e di equilibrio, secondo le credenze teosofiche,viene amministrato da Intelligenze invisibili, chiamati Signori del Karma, che si limitano a coordinare le forze accumulate nel passato dall’individuo affinché questi quando rinasce nell’uomo possano permettergli di fare un passo avanti verso la perfezione e la sua meta finale.

In base a quanto riportato nel testo “la vita interiore” di C.W. Leadbeater  esistono tre tipi di Karma : il primo comprende l’enorme massa di buono e cattivo Karma non esaurito che aspetta le occasioni per manifestarsi; il secondo si compone di quella parte del primo che è stata scelta dai Signori del Karma per essere esaurita in una determinata incarnazione può definirsi come il destino  dell’uomo nella vita presente. Il terzo è costituito dal nuovo Karma che le nostre azioni producono.

In ogni vita l’uomo deve imparare una lezione e sviluppare una certa qualità, lo stato di apprendimento sarebbe determinante anche al fine della durata della vita nel senso che se l’uomo nel corso della sua esistenza ha completato il suo percorso esperienziale oppure non riesce ad avanzare  nel suo programma di sviluppo intellettuale e spirituale, passa ad altra vita. In altre parole la sua esistenza terrena è in funzione dell’utilità che il suo Sé spirituale possa trarne. Se nel suo Karma anteriore si trova qualche debito che gli sia possibile estinguere completamente a mezzo di una sofferenza fisica e mentale, l’occasione di saldare il debito viene colta allorquando si presenta per quanto essa non sia stata compresa nel piano formato per quella particolare vita.

Per i Signori del Karma la sola cosa importante è il progresso degli Ego. Da questo punto di vista la morte non potrà mai sembrare prematura  poiché si può essere certi che in modo accada è sempre ciò che di più vantaggioso vi è per noi. Il nostro dovere consiste nel fare del nostro meglio durante ciascuna delle nostre vite e nello sforzarci di prolungarle quanto più è possibile. Nella normalità e generalità dei casi il lavoro spettante al piano astrale si trova già in buona parte assolto al momento dell’abbandono del  piano fisico in quanto i desideri ad una età avanzata si affievoliscono.

Al raggiungimento del medesimo risultato si arriva anche attraverso una lunga malattia. Per quanto riguarda la reincarnazione Elena Petrovna Blavatski nel testo “Iside svelata” afferma che “..l’apparire dello stesso individuo sullo stesso pianeta, non costituisce una regola di natura , ma un’eccezione. Tale fenomeno è dovuto ad una precedente violazione della legge di armonia naturale, ed avviene soltanto quando questa, tentando di ristabilire l’equilibrio turbato, respinge violentemente nella vita terrena la monade astrale che è stata sbalzata dal cerchio della necessità a causa di qualche crimine o accidente.

Così, nel caso di aborto, nella morte di bambini prima di una certa età e nella deficienza congenita incurabile, quando il proposito originale della natura tendente a produrre un perfetto essere umano è stato in qualche modo interrotto. Per questa ragione, mentre la materia grossolana di ognuna di queste diverse entità si disperde con la morte nel vasto regno dell’essere, il loro o spirito immortale e la monade astrale devono tentare, per la seconda volta, di portare a termine il proposito dell’intelligenza creativa essendo destinati: il primo a versare la divina luce nell’organismo corporeo, e la seconda ad animarne la forma. Lo spirito deve seguire una linea parallela a quella della materia  e l’evoluzione spirituale procede simultaneamente con quella fisica.

Diversamente le anime mortali o astrali e quelle immortali e divine non potrebbero progredire all’unisono e quindi passare alla sfera superiore”.

  Pietro Francesco Cascino   -      Gruppo H.P.B. Milano

 Torna a Pagine di Teosofia

 Torna a mappa del portale

 Torna a homepage

 Statistiche