Lo Gnosticismo e  Cristo-Gesù

 Di:  Pietro Francesco Cascino

La vita fisica terrena si basa e sviluppa sostanzialmente sul sistema binario costituito da  due elementi essenziali: l’idrogeno e l’ossigeno che combinati costituiscono l’acqua (H2O) realizzando, in tal modo la condensazione di due elementi volatili. Così,dall’unione di due elementi gassosi si produce un elemento fisico fondamentale per la vita sul pianeta. Tutto ciò che è succeduto a questa alchimia di base ha sviluppato, unitamente all’elemento fuoco ed all’elemento terra un corpo vivente caratterizzato da una sempre crescente complessità. Ai primordi della sua esistenza l’uomo, disconoscendo le leggi fisiche e chimiche della natura, nella contemplazione delle manifestazioni naturali si poneva come timido osservatore di un sistema che gli appariva immensamente più grande ed avvolto da un mistero, il mistero della creazione. Nel tempo superando i suoi sentimenti istintivi e nella considerazione che da cosa nasce cosa e che ad ogni effetto deve precedere una causa, inevitabilmente l’uomo ha sviluppato il proprio pensiero sulla base della convinzione che alla realizzazione di ogni cosa manifestata dovesse necessariamente preesistere e presiedere una volontà intelligente e superiore. Così, l’uomo, facendo perno sulle sue esperienze fisiche, sulla sua natura animale bisessuale, nonché sull’osservazione che il creato fosse caratterizzato dalla contrapposizione di fattori opposti, ha trasposto a livello superumano la manifestazione terrena contrapponendo ad un mondo fisico un mondo iper-uraneo abitato da divine creature capaci di creare e governare il mondo inferiore. Su questa convinzione l’uomo ha costruito tutte le proprie credenze religiose. La Divinità per essere completa per riflesso all’esperienza fisica, non poteva manifestarsi se non in modo binario attraverso l’unione di un fattore maschile e di una femminile. Nello gnosticismo tale coppia di creatori fu chiamata syzygies e ciascuno eone o arconte. Essi rappresentavano l’emanazione  del Dio primo, l’eone perfetto (Aion Teleos), denominato l’Uno, la Monade, il Proarkhè (ciò che era prima dell’inizio) o Arkhè (l’inizio), ovvero Bythos (la profondità assoluta). L’Eone Uno, nella credenza gnostica contiene  in sé stesso un altro aspetto identificato con un altro essere noto come Annoia (pensiero) o Sige (Silenzio). Dall’Essere Perfetto vengono concepiti due eoni espressione dell’aspetto maschile e di quello femminile rispettivamente  Caen (il potere) e Akhana (Verità, Amore). Tutte le coppie di eoni successivamente generati nel loro insieme costituiscono il Pleroma, la “Regione della Luce” (il termine Pleroma significa pienezza  e si riferisce alla totalità dei Poteri di Dio). La creazione dell’universo fisico secondo gli gnostici sarebbe avvenuta quando un eone chiamato Sophia, nel tentativo di aprire un varco nella barriera esistente tra di esso e l’inconoscibile Bytos, emanò senza l’apporto della controparte maschile, un’energia creatrice che generò un’entità chiamata Yalda Baoth, che nella successiva filosofia platonica fu denominata Demiurgo (o mezzo creatore) l’intelligenza alla quale fu attribuita la progettazione  del mondo. Per tale realizzazione il Demiurgo avrebbe preso a modello il mondo delle idee ed utilizzato come strumento la materia. Ciò per gli gnostici costituì un errore commesso dalla divinità preesistente in quanto il Demiurgo non faceva parte dell’Empireo e rappresentava, quindi un decadimento di una parte del Pleroma verso le regioni più prossime all’oscurità caratterizzate dalla condensazione degli elementi costitutivi della originaria composizione divina degradata nella materialità. Dopo aver generato in piena autonomia, l’eone Sophia sarebbe sprofondata nell’angoscia per aver perduto l’assoluta purezza della luce divina e da ciò ne derivò la brama di riconquistare il suo precedente stato. A causa di tale brama  la materia (hyle) e l’anima (psychè) determinarono i quattro elementi: fuoco, aria, terra ed acqua. Per riparare all’errore commesso da Sophia dall’Uno vennero emanati due eoni: Cristo e lo Spirito Santo con la funzione di riportare al Pleroma ciò che era stato creato dal Demiurgo. Ma Sophia non è considerata un Essere diviso dal creato ma prigioniero di questo. Essa, infatti risiede in ogni aspetto della manifestazione e quindi particolarmente nell’uomo, come scintilla divina. Essa potrà essere liberata dalla sua prigione fisica dal Cristo il quale la ricondurrà alla presenza e a far parte del Dio incommensurabile ed inconoscibile. Il Cristo (redentore) fu inviato sulla Terra in forma di uomo e chiamato Gesù con la missione di donare agli uomini la gnosis di cui avevano bisogno per liberarsi dallo stato fisico e tornare al mondo spirituale. Nei codici gnostici trovati a Nag Hammadi in Egitto, Sophia era considerata l’eone più basso (la syzygy di Gesù Cristo, la quale essendo stata emanata con Cristo formata con esso una unità. Gli gnostici ritenevano fosse anche lo Spirito Santo della Trinità  e che il pianeta Terra e tutto quanto in questo esistente  fosse stato creato dal Dio ebraico Yahweh (definito un dio malvagio) in quanto artefice del mondo materiale caratterizzato dall’impurezza e dalla corruttività.

 Lo  Gnosticismo anteriore e successivo all’avvento del Cristianesimo

Le origini dello gnosticismo sono state per lungo tempo oggetto di controversia e sono tuttora un interessante soggetto di ricerca. Sull’argomento sono stati fatti notevoli progressi grazie alla scoperta dei rotoli di Qumran ed al lavoro di diversi studiosi. Mentre in precedenza lo gnosticismo veniva considerato soprattutto una delle eresie del Cristianesimo, ora sembra, in modo inequivocabile, che le prime tracce di sistemi gnostici possono essere trovate già alcuni secoli prima dell'era cristiana. Lo gnosticismo, a prima vista, può apparire un mero sincretismo di tutti i sistemi religiosi dell'antichità (religioni misteriche, astrologia magica persiana, zoroastrismo, ermetismo, filosofie ellenistiche, giudaismo alessandrino, cristianesimo dei primi secoli, Kabbalah); ma, in realtà, ha una radice profonda, che ha assimilato in ogni realtà socio-culturale ciò di cui aveva bisogno per la sua vita e per la sua crescita. Pertanto troviamo la gnosi nella cultura cristiana, ma anche in quella pagana, indù e buddhista dei Gupta Vidya e dei Brahma Vidya, sufi ed islamica, maya, azteca, tolteci, ecc., ed anche in quella egizia dove Osiride è l’Uomo cosmico decaduto, prigioniero del Male, rinchiuso in una bara da Seth, il fratello malvagio. Osiride è il dio in noi, l’eone che viene liberato da Horus, il Figlio, il Cristo intimo. Ed ecco che vediamo i tre Logoi fondamentali del Padre, Figlio e Spirito Santo che altri non sono che Osiride, Horus e Iside nei misteri isiaci, Brahma, Vishnu e Shiva nei misteri indù. E qui si capisce come lo Spirito Santo altri non sia che Shiva, che si sdoppia in Shiva-Shakti e quindi si identifica con Iside: Maria, la Divina Madre. Il motivo portante di questa corrente di pensiero è il pessimismo filosofico e religioso. Gli gnostici, prendendo in prestito la loro terminologia dalle religioni esistenti, la usarono solamente per illustrare la loro idea che il male fosse insito nell’esistenza dell’intero universo e la conseguente necessità di doverlo combattere con l’aiuto della magia e di un Salvatore sovrumano; quindi, nessuna gnosis  era completa senza la conoscenza di formule che, una volta pronunciate, permettevano l’annullamento dei poteri ostili e senza l’aiuto di una superiore divina Potenza benefica. Lo studioso Kessler, al quinto Congresso degli Orientalisti, tenutosi a Berlino nel 1882, mise in evidenza la correlazione fra gnosis  e la religione sincretistica sviluppatasi in Babilonia  dopo la conquista della regione da parte di Ciro il Grande. Quando Ciro entrò a Babilonia nel 539 A.C., si incontrarono due grandi scuole di pensiero e iniziò il sincretismo religioso. Il pensiero iraniano cominciò a mescolarsi con l'antica civiltà babilonese. L'idea della lotta titanica tra bene e male, che pervade l'universo in eterno, è l'idea da cui deriva il Mazdeismo, o dualismo iraniano. Questo, e l'immaginata esistenza di innumerevoli spiriti intermedi, angeli e demoni, fu la spinta che fece superare le idee del Semitismo. D'altra parte la fiducia incrollabile nell'astrologia e la convinzione che il sistema planetario aveva un'influenza totale sugli affari di questo mondo si sviluppò proprio tra i Caldei La grandezza dei Sette (la Luna, Mercurio, Venere, Marte, il Sole, Giove, e Saturno), il sacro Hebdomad, simboleggiato per millenni dalle torri di Babilonia. In verità, essi cessarono di essere adorati come divinità, ma rimasero come arconti e dynameis, regole e poteri, la cui forza quasi irresistibile contrastava l'uomo. Furono trasformati da dei a devas, spiriti cattivi. La religione degli invasori e quella degli invasi si fusero in un compromesso: ogni anima, nella sua ascesa verso il buon Dio e la luce infinita dell'Ogdoad, doveva combattere contro l'avversa influenza del dio o degli dei dell'Hebdomad. Questa ascesa dell'anima attraverso le sfere planetarie fino al paradiso cominciò ad essere concepita come una lotta con poteri avversi, e divenne la prima e predominante linea dello gnosticismo. Lo gnosticismo entrò in contatto col giudaismo abbastanza presto. Considerando le forti, ben organizzate, ed estremamente colte colonie ebree nella valle dell'Eufrate, questo primo contatto col giudaismo è perfettamente naturale. Forse l'idea gnostica di un Redentore deriva proprio dalle speranze Messianiche ebree. Ma, fin dall'inizio, la concezione gnostica del Salvatore è più sovrumana di quella del giudaismo; il loro Manda d'Haye, o Soter, è una manifestazione immediata della Divinità, un Re della Luce, un Æon (Eone). La gnosi ebbe come centri di maggiore fioritura soprattutto in Alessandria d'Egitto e Roma. I dottori dell’antico mondo intellettuale di Alessandria d’Egitto (III sec. a.C. – III sec. d.C.) distinguevano tra pistiV (pistis), la fede accettata immediatamente, per adesione sentimentale, e gnvsiV (gnôsis), l’esame della fede stessa, la conoscenza delle verità religiose per una loro accettazione razionale. Altri studiosi,  hanno ricercato la fonte delle teorie gnostiche nel mondo ellenistico e specialmente, nella città di Alessandria d'Egitto. Nel 1880 Joel cercò di provare che l'origine di tutte le teorie gnostiche risiedeva in Platone. In un’ottica neoplatonica, gli gnostici cristiani primitivi ritenevano che il cosmo fosse composto da gerarchie di entità incorporee dette “eoni”, emanati da Dio, inteso come Assoluto, l’Agnostos Theos. Gli eoni sono sempre meno perfetti man mano che si allontanano da Lui, come fossero una luce che si affievolisce più si allontana dalla sorgente. L’ultimo eone è l’anima umana, che venuta a contatto con la materia ne è rimasta sopraffatta, rimanendo schiava del dolore, della sofferenza e della morte nonché del male. Di conseguenza l’anima umana è avvolta dall’oblio, dalle tenebre che la rendono dimentica della propria natura divina e la gnosi è appunto il riprendere coscienza della propria identità e arrivare al ricongiungimento con Dio, ritornare al Pleroma. Come atto di misericordia Dio emanò l’esempio di Anthropos, l’uomo spirituale perfetto, l’Adam Kadmon che altri non fu che Gesù. Questo modello di caduta pleromatica è ben descritto dal testo gnostico del Pistis Sophia, dove Gesù, dopo la resurrezione dai morti, durante undici anni trascorsi con i discepoli, narra di Pistis Sophia, un’entità celeste che confuse la luce inferiore con quella superiore, ed inseguendola cadde nella materia. In seguito Gesù descrive il suo processo di riconquista del Pleroma. Nei misteri templari si dice che il testo sacro del Pistis Sophia fu scritto da Maria Maddalena, sposa-sacerdotessa del Cristo Gesù e simbolo della gnosi.  Anche se la tesi su Platone può essere considerata come una forzatura, l'influenza greca sulla nascita e sullo sviluppo dello gnosticismo non può essere negata. In ogni caso, che il pensiero Alessandrino abbia avuto qualche influenza almeno nello sviluppo dello gnosticismo cristiano è dimostrato dal fatto che la maggior parte della letteratura gnostica di cui siamo in possesso arriva da fonti egiziane (copte). Le idee gnostiche continuarono a riaffiorare a intervalli regolari, come dimostra l'apparizione di movimenti quali i Catari, i Bogomili e i Pauliciani; ma non si rilevano continuità tra lo gnosticismo e l'eresia catara medievale, sebbene ci siano notevoli affinità. Allo stesso modo i gruppi neo-gnostici del XIX secolo non possono vantare alcuna continuità con lo gnosticismo delle origini, tanto che spesso modificano, più o meno consapevolmente, le dottrine originarie. Esiste anche una setta di gnostici, che, isolandosi geograficamente, è giunta fino a noi in forma molto pura: i Mandei dell'Iraq meridionale. F.W. Brandt pubblicò il suo "Mandiäische Religion" in cui descriveva la religione mandea. In tale opera l'autore dimostrò che questa religione è una forma così chiara di gnosticismo da essere prova che lo gnosticismo è esistito anteriormente al Cristianesimo.

Lo gnosticismo, comunque, ebbe i suoi rappresentanti più noti nei primi secoli dopo Cristo, con prominenti insegnanti come Marcione, Valentino e Basilide. Altri gnostici noti furono Cerinto, Carpocrate e Simon Mago con tutta la sua scuola. La gnosi è definita Philosophia perennis et universalis (filosofia perenne ed universale) in quanto è, aldilà dei concetti, dei dogmi e delle teorie. Infatti la gnosi non è dogmatica e non è teorica, ma sperimentale: solo così si può conoscere veramente. A questo scopo la gnosi fornisce le chiavi per aprire le porte della conoscenza. Queste chiavi si trovano dentro di noi, e questo concetto fu ben espresso dalla nota frase gnôti sautón (greco), nosce te ipsum (latino), ovvero conosci te stesso incisa sul frontone del Tempio di Delfi, che Socrate adottò come proprio motto. Quindi la gnosi è, a conti fatti, auto-gnosi. E questo concetto lo vediamo nuovamente espresso nella massoneria esoterica, quando viene indicato il VITRIOL: Visita Interiora Terræ, Rectificando Invenis Occultum Lapidem – Visita l’interno della Terra, seguendo la retta via troverai la Pietra Occulta. La Pietra Occulta è la Conoscenza, la Verità ultima, la Gnosi concepita come realizzazione del sé e reintegrazione col Pleroma, e l’interno della Terra è l’interno dell’uomo stesso, ovvero la propria psicologia nella ricerca dei difetti per una propria rettificazione, ma anche la propria anima eonica.

  Quando lo gnosticismo entrò in contatto con il cristianesimo, si gettò rapidamente sulle forme di pensiero cristiane, prese in prestito la sua terminologia, riconobbe Gesù come Salvatore del mondo, simulò i suoi sacramenti, pretese di essere una rivelazione esoterica di Cristo e dei Suoi Apostoli, sommerse il mondo con Vangeli apocrifi, Atti ed Apocalissi, per provare le sue tesi. Lo Gnosticismo insiste sull’idea di una sorta di “insegnamento segreto” riservato da ‘Gesù’ solo a pochi dei suoi discepoli e impartito nel periodo tra la Risurrezione e l’Ascensione — periodo considerato dagli Gnostici ben più esteso dei canonici “quaranta” giorni —; la “dottrina salvifica” viene rivelata direttamente da Cristo alla ristretta cerchia degli iniziati, escludendo così la gerarchia della Chiesa. In più, essa deve giungere attraverso esperienze personali (appunto la gnosi) e non attraverso lo studio dei testi canonici: per gli Gnostici, il problema fondamentale della vita umana non è il peccato ma l’ignoranza, e la via migliore per risolverlo non è quella d’una fede ma della conoscenza.
Gli Gnostici elaborarono una complicata cosmogonia al fine di spiegare l’origine del “mondo materiale”: un Dio unico e inconoscibile (l’Eone eterno e perfetto) ha emanato alcune “coppie” di entità divine minori che si generano le une dalle altre e si estendono all’infinito a formare tutte insieme il “Pleroma” (la pienezza del divino); l’ultima di esse, però, “Sophia”, per la brama di conoscere l’inconoscibile attira su di sé la punizione di Dio, che la scaccia dal Pleroma. Esiliata dalla sua patria celeste (come Eva), Sophia emana una serie di eoni inferiori (gli Arconti) tra i quali il “Demiurgo” (Yaldabaoth), indentificato con Yahweh, il “Dio vendicativo” dell’Antico Testamento. Questa potenza ignorante (del mondo superiore perfetto) è la responsabile della creazione del mondo materiale, del cosmo e dell’uomo.

 Tuttavia le potenze superiori, commosse dal pianto di pentimento di Sophia, le concedono di ascendere fino ai margini del “mondo della Luce”.

Il Cristo gnostico

       Nella esaminata complessa visione gnostica la realtà umana è vincolata all’imperfetto mondo materiale, ma in essa è imprigionata quell’anima (una “particella della Luce”, o Pneuma) che può essere in grado di sfuggire al giogo del Demiurgo. Va da sé che gli uomini non sono consci di possedere in nuce una scintilla divina, per cui viene inviato sulla Terra l’eone Cristo a “svelare agli iniziati” questa verità. Tuttavia l’eone Cristo non si “incarna” in ‘Gesù’: egli fa solo in modo che gli umani percepiscano la sua “illusoria realtà umana” come reale — da questi concetti deriva il rifiuto della morte in croce e risurrezione del Cristo (nel senso di corpo materiale): «egli non muore crocifisso (è solo l’involucro di carne che lo fa) ma ritorna direttamente al suo mondo superiore» (spiegando così la frase sulla croce: “Padre mio, perché mi hai abbandonato?”

     Gli gnostici non anelano certo alla “risurrezione” tanto meno ritengono possibile quella di Gesù. Il concetto del ‘Cristianesimo’ di un cadavere che si rianima non fa parte della loro filosofia. Perché dovrebbe avvenire la resurrezione della carne quando tutta la questione della salvezza sta nella fuga dalla materia? Il ridestarsi di una salma riporta la persona dentro al mondo del falso Dio: l’opposto di ciò che il Cristo gnostico rivela! Diversamente all’impostazione assunta dalla Chiesa Cristiana cattolica ed ortodossa, chi arriva alla radicale conoscenza di sé raggiunge la radice della vita e non ha bisogno di risurrezione, poiché arriva alla vita eterna che possiede già in se stesso.

     Come si realizza dunque concretamente l’ascesa al Pleroma, ovvero ciò che oggi viene definita la rivoluzione della Coscienza? Bene, questo è ovviamente un percorso che si svela e realizza lungo una vita d’impegno che si costruisce su tre fattori: Nascita, Morte e Sacrificio. Questi tre fattori permettono di vivere la gnosi.

La Nascita è quella stessa nascita, o rinascita, di cui parla Gesù quando dice: « In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio. […]In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne, quel che è nato dallo Spirito è Spirito » (Giovanni 3,3-5). Questo si traduce nella rinascita dello Spirito dallo Spirito Santo, il risveglio della Coscienza che si attua con la trasmutazione alchemica. Difatti Paolo aggiunse a proposito della rinascita: « Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri » (1 Cor 15,39-40).

La Morte è la morte mistica, il “morire in sé stessi” che significa la distruzione dei propri difetti. La morte psicologica si attua attraverso il lavoro interiore, il VITRIOL di cui già discusso. Il lavoro interiore si attua attraverso la meditazione ed il continuo ricordo di sé, osservandosi attentamente durante la giornata come si fosse degli spettatori esterni delle proprie azioni e dei propri pensieri. Identificandosi con l’Essere questo diventa automatico, in quanto cambia centro di gravità della nostra persona.

Ed infine il Sacrificio. Il Sacrificio è sacrificio per l’umanità, aiutare gli altri, vivere la compassione buddhista. Il sacrificio è un atto d’amore, ed è indispensabile per vivere la gnosi. Senza amore non c’è gnosi, in quanto l’Essere è lui stesso amore. Si dice che le iniziazioni, mete del percorso alla conoscenza, proseguano con i meriti del cuore. Chi non ama, mai potrà conoscere. Chi ama, si sacrifica volentieri. Ma anche se il sacrificio fosse estremo, per amore si farebbe comunque, così come il Cristo si è sacrificato per l’Umanità.

Il ricercatore della gnosi indica il Perfetto Gnostico, come Gesù in Cristo.

Tale differenza è solamente apparente, in quanto nasconde una verità sostanziale, sulla contemporanea duplicità della natura, e quindi delle qualità della figura.

In natura vi è Gesù e in Spirito vi è il Cristo. Come il primo si è fatto in carne, così il secondo è prima del tempo degli uomini. Come il primo è caduco, e transitorio come le cose tutte di questo mondo, così il secondo è imperituro e non corruttibile, come lo sono solamente i puri pensieri dell'Immanifesto. Tale stato di cose, tale inalienabile realtà è presente in ognuno di noi. In quanto in ogni uomo alberga questa duplicità frutto del connubio fra due poli dualistici apparenti. Cristo è il nome proprio, l'identità della particola pneumatica che arde nell'intimo, come Gesù è il nome proprio del transito terreno che ha assunto la forma esteriore.

Ne discende che la crocifissione, altro non è che l'atto ultimo attraverso cui questo dualismo dialettico, viene ricomposto nell'unicità, la sola che garantisce il ritorno nel Mondo incorruttibile che sovrasta sia quello degli uomini, che delle idee da cui gli uomini traggono ispirazione e cagione stessa del fare che gli connatura.

Ma quale esempio mai avrebbe potuto essere Gesù in Cristo, se già alla nascita fosse stato un essere unico, mai conoscendo quindi la duplicità della natura di questo piano di manifestazione ?

Può mai essere un esempio di viatico verso la perfezione, visto che l'uomo è perfettibile, colui che già è perfetto ? Sicuramente no. Ed è per questa cagione che Gesù in Cristo si manifesta fra gli uomini, come figlio degli uomini, e solo successivamente nella pienezza del proprio essere intimo come figlio di Dio.

E' infatti l'uomo Gesù che incontra l'Eone Cristo in virtù dell'esperienza mistica del battesimo nel Giordano. Dove la colomba, simbolo di Coscienza libera e perfetta, entra in lui: acquisisce, quindi, consapevolezza di Se, e si manifesterà da quel momento in poi in modo immediato, e non più mediato, attraverso il corpo umano, vivificando così la carne: redimendola. al momento del battesimo. Questa è la reale natura dello Gnostico Perfetto.

Il fiume, il corso delle acque, il Sacerdote, Giovanni Battista, che ufficia l'iniziazione, e conferisce il sacramento di ammissione all'interno della comunità. Un'iniziazione fisica, ma che investe ciò che più vi è di sottile, predisponendolo alla venuta, alla manifestazione del Cristo. Dopo il miracolo dell'acqua tramutata in vino, la prima transustansazione, ecco la seconda dettata dall'acqua di fuoco che redime la carne con la venuta dello Spirito.

Ma sia ben chiaro che la carne è si redenta, ma non è a sua volta Spirito, in quanto il dolore, l'angoscia, la debolezza, ancora si manifesteranno, come dazio ineluttabile al viatico, che è testimonianza, di estrema congiunzione e di sacrificio che ancora attende il Perfetto. In quanto non vi sarebbe ragione, ne utilità alcuna, a operare per il bene degli uomini, attraverso strumenti agli uomini inaccessibili ed inconoscibili. Se carne, acqua, sangue, dolore, parola, e conoscenza è il cibo degli uomini, allora di questi ingredienti necessariamente deve essere l'alimento preparato da colui che è giunto per nutrire il popolo affamato.

Di ciò troviamo ampia conferma nei Vangeli gnostici, dove il dilemma fra uomo e Dio, fra ritorno e dannazione, fra questo mondo e l'altro mondo, viene riproposto e rivisitato continuamente, attraverso largo uso di simboli, miti, allegorie, che comunque indicano chiaramente nella ricomposizione dell'unicità perduta l'unico viatico possibile, per sfuggire a questa nostra manifestazione.

Tale è la simbologia legata alla camera nuziale celeste, dove se è vero che il femminile rappresenta l'anima, e il maschile lo Spirito, ma è anche altresì incontestabile che la potenza immaginifica di quanto è celato attorno e dentro la parola del Cristo, attraverso la voce dell'uomo Gesù, è un cantico di fecondità e di riunificazione fra le due componenti scisse: in quanto la duplicità, seppur apparente, ma qui sostanziale, si ripercuote poi in ogni binomio maschile e femminile, e pertanto sempre e comunque necessità di riunificazione.

Riunificazione ultima che Gesù in Cristo vive durante la passione e morte, in virtù della crocifissione sul Golgota ( Teschio-Cranio ) dove il massimo dolore della carne urlante, se prima porta a smarrimento e di debolezza ( Matteo 27:46 Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». ), poi ne determina lo stesso superamento, e incontro definitivo nell'unicità dello Spirito, che lo riporta nel Regno divino. Consentendo attraverso il sangue e l'acqua che si riversano dal costato ( fra plesso solare e plesso cardiaco ) di rianimare la terra tutta, e di riammettere colui che conosce questo mistero nella figliolanza divina.

 

Nel vangelo di Giovanni si narra come Gesù in Cristo trovi il Tempio invaso da commercianti e trafficanti, e mosso dall'ira e dal disprezzo li scaccia colpendoli con una frustra.

Giovanni 2:15 Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi.

 I sacerdoti del Vecchio Testamento, corrotti e incapaci di amministrare il Sacro ed essere i giusti interpreti del Divino, si rapportano meglio con i mercanti e i cambiamonete unendo il sacro con il profano. Il Tempio di Dio viene degradato e profanato dagli  elementi legati agli interessi terreni e chi doveva preservarlo dalle impurità di questo mondo è egli stesso fonte di corruzione. Così Gesù in Cristo, il Perfetto Gnostico, irrompe in modo palese contro la religione e la sacralità, così come insegnate, e custodite, dalla classe sacerdotale predominante, generando un “terremoto” mediatico con il quale annunzia una nuova Era ed un nuovo approccio al Divino seppur rimanendo nella purezza delle origini delle Sacre Scritture. La frusta esprime simbolicamente il castigo che deriva dall’autorità reale. Gesù, infatti, incarna, per volontà del Divino Padre, il Re del Mondo ed  è in virtù di questa autorità che castiga i sacerdoti del Tempio.

 In un successivo passo  del vangelo di Giovanni (2.16) è scritto:

“ …e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato»”.

Il simbolo della colomba, strettamente legato all'immagine dello Spirito Santo che discende nell'uomo, riammettendolo alla discendenza divina è qui considerato come “cosa” e ciò  sta ad indicare chiaramente la perdita di quella funzione redentrice e sacra, dettata dall'incomprensione della casta sacerdotale del vero significato che si cela nel simbolo e nel rito.

La casa è il Tempio, rappresentazione simbolica e rituale delle leggi, dei pesi, e delle misure che regolano e costituiscono, allo tesso tempo, il Cosmo, ma anche la soglia per elevarsi oltre al Cosmo ed alle sue leggi cicliche e  temporali per unirsi a Dio.

Il popolo, ignorante, non comprende, gli atti del Maestro; chiede, quindi, un segno della sua autorità. Giovanni 2:18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».

Un segno e non un simbolo, in quanto la cultura popolana necessita di una rappresentazione concreta e convenzionale dell’autorità divina in virtù della quale possa affermarsi che  Gesù è Re.

E Gesù disse loro: (Giovanni 2.19)  «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».

La risposta di Gesù risiede nella richiesta di distruzione del vecchio Tempio, e la promessa di riedificazione in tre giorni. I profani rimangono stupiti ed increduli, non comprendono come sia possibile, e il loro essere prigionieri delle convenzioni di questo mondo contrappone, e antepone, la materia allo Spirito, lo scetticismo profano alla immaginazione dell'iniziato.

 (Giovanni 2.20) Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?».

(Giovanni 2.21) Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

L'edificazione del tempio in tre giorni, si riferisce, infatti, alla costruzione del Tempio Intimo: lo stesso iniziato. Questa la nuova tradizione: tu uomo sarai Tempio, Sacerdote e Dio.

(Giovanni 2.22) Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Si potrebbe facilmente sostenere che Gesù in Cristo, sia il portatore di una Nuova Tradizione. Tale considerazione è relativamente valida se raffrontata alla religione giudaica così come interpretata e vissuta dalla classe sacerdotale; ma, ovviamente, non può avere valore di definizione assoluta, in quanto il termine “nuovo” non può accompagnarsi alla Tradizione che, se autentica, è in se Universale e Perenne. Non è concepibile una radicale innovazione ma, piuttosto, è necessario riappropriarsi  della capacità di unire il cuore e l'intelletto per rivolgerli verso il punto dove il corso del fiume della vita non ha subito né interruzione, né inquinamento come era, invece, accaduto in Palestina, dove per sei secoli una classe sacerdotale aveva forgiato con abilità una divinità completamente slegata dalla manifestazione trina disconoscendo la Madre, ed incentrando l’interezza della manifestazione nel Padre. Con ciò si era  ritenuto di conservare la Potenza espressa dal Divino, ma questa era diventata inespressa e sterile, in quanto il Figlio non poteva più annunciare, con se stesso, il nuovo ciclo. E' utile osservare come in tutti gli scritti gnostici, legati al Nuovo Testamento, la Trinità è ristabilita nel suo giusto trono, quasi come a fare da contraltare al domino dispotico del solo Padre, così come rappresentato dalla religione sacerdotale giudaica. Ecco quindi nel Gesù in Cristo, la salvezza, la redenzione, la nuova novella che necessariamente si incentra nella figura del figlio circondato da importanti figure femminili (la Madre Maria, e la Sposa Maddalena ), e da una quasi assenza della figura paterna a livello terreno, quasi a sottolineare con maggiore incisività il vero raggio della trinità a cui si richiama, e a compensare il torto subito. Non possiamo non ricordare che il vero Padre è già in seme nel figlio, e il figlio è egli stesso testimonianza della presenza del Padre.

A ulteriore sostegno di tale ipotesi, sovente nei vangeli, anche nel brano di Giovanni sopra esaminato, ci imbattiamo nel numero tre, che pare quasi contrapporsi all'eterna monade o al 10, tanto cari alla tradizione sacerdotale dei giudei. Il Tempio è stato edificato in 46 anni ( 4+6=10), e Gesù promette di costruirlo in tre giorni ( nel fisico, nella mente, e nell'anima).

Come tre sono i giorni della resurrezione, e ancora il tre come somma cabalistica del numero degli apostoli (12: 1+2= 3 ), e infine come tre è l'ora in cui spira il corpo fisico di Gesù: nel tre moriamo come uomini e rinasciamo come figli di Dio.

Il Tre è l'Uno ( Padre ) che si specchia nella propria co-immagine, il pensiero ( La Madre ), e unendosi a lei genera il figlio ( l'azione sacra, il veicolo sacro, il solo in grado di rappresentare e conoscere il Padre, essendo frutto del Padre, ma anche essere distinto dal Padre ).

Un rabbino, un uomo di scienza e conoscenza, che predica, dopo essere stato ammesso, tramite il battesimo nella comunità di Giovanni Battista, un'importante messaggio, dove l'uomo finalmente torna ad essere artefice del proprio destino, dove viene a lui ridonata la possibilità di una scelta, rendendolo finalmente arbitro del proprio rapporto con un Dio Trino che gli era stato mistificato e trafugato all'interno di un Tempio, custodito da sacerdoti tesi alla preservazione di un potere, e della forma apparente di un popolo.

 Questa è quindi la cagione della missione del Cristo: ristabilire una continuità, interrotta dalla classe sacerdotale del suo tempo, tradizionale della Santa Trinità, così come incarnata in ogni autentica cultura iniziatica.

 Resta adesso da chiedersi questo corso tradizionale dove affonda le proprie radici, quale insegnamento è stato snaturato dalla classe sacerdotale.

Leggiamo con attenzione questi passi del Vangelo secondo Matteo:

(Matteo 2.13) Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».

(Matteo 2.14) Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,

(Matteo 2.15) dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

“Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio”.

E' certo che Erode rappresenti lo strumento atto ad impedire l'enunciazione del messaggio cristico, uno strumento di quelle forze antitradizionali, che sempre saranno di ostacolo all'apostolato del Cristo e dei sui discepoli, incarnandosi successivamente in Pilato, Giuda, il Sinedrio, la Folla, ecc... La via indicata dall'Angelo conduce in Egitto, luogo di salvezza, di protezione dalla furia omicida di Erode.

Fu in Egitto, dove un tempo gli ebrei svolgevano l’attività di architetti, operai specializzati, artigiani, godendo di case, di conforti, che si manifestò la collera del Dio Geova, contro quel popolo che in potenza, cultura, ricchezza, sovrastava il suo popolo eletto. Molti di loro adoravano le divinità feconde e solari dell'Egitto, aperte ad ogni popolo, ad ogni uomo, e non esclusive di nessuno: Osiride, Iside, Horus. Quanta affinità in questo fecondo culto solare, con il messaggio, la testimonianza di Gesù in Cristo. Nel primo il Sole regola la vita degli uomini e delle divinità, e attraverso Horus il ciclo ha nuovo inizio. Non sono forse il vino e il pane ( frutti solari per eccellenza ) a rappresentare la novella cristiana ? Ecco quindi la continuità dettata dalla traslazione di Horus in Cristo, e di Geova in Seth, elementi che hanno nei millenni sempre cercato di impedire il regno del Figlio.

In conclusione estrema, è bene ricordare come il Maestro Valentino, il più fine fra i pensatori e iniziatori gnostici, trae le proprie mosse da Alessandria di Egitto: ecco quindi il cerchio chiudendosi, nuovamente aprirsi; là dove tutto era finito in virtù dell'ira di un Dio tribale, veniva donato agli uomini un Dio Universale dell'Amore e del Sacrificio da cui si genera la nuova vita.

I “Rotoli  di Qumran”

La scoperta, avvenuta nel 1945 presso il villaggio di Nag Hammâdi (alto Egitto), di una “biblioteca” di testi gnostici — 53 scritti su papiro, in lingua copta —, completata dalla scoperta e dal restauro, ad inizio XXI Secolo, di un ulteriore testo gnostico — il “Vangelo di Giuda” —, ha dato un nuovo  impulso agli studi. I “Manoscritti del Mar Morto” o “Rotoli di Qumran” intervennero quasi contemporaneamente, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo varie vicissitudini, ad illuminare gli studiosi sulle comunità essene coeve a ‘Gesù’. Prima di questi ritrovamenti si conoscevano solo alcune citazioni da parte di scrittori antichi — Ippolito Romano, Plinio il Vecchio, Filone Alessandrino e Giuseppe Flavio —; nel 1947, in una zona desertica a 30 km da Gerusalemme, grazie ad una scoperta fortuita da parte di un pastorello, vennero rinvenute delle giare contenenti dei rotoli di pelle avvolti in brandelli di tela. Il materiale in larga parte fu rivenduto ad un trafficante che a sua volta lo rivendette al governo israeliano. Negli anni seguenti furono rinvenuti, in undici grotte della zona, circa 900 rotoli, alcuni dei quali ridotti in frammenti; ben 200 di essi riguardano libri o parti di libri dell’Antico Testamento; vennero ritrovati anche i rotoli con le “regole della comunità”. Un team internazionale di studiosi — presieduto da padre De Vaux, un domenicano residente in Giordania imposto dalla Chiesa di Roma che temeva “sorprese” da tale ritrovamento archeologico — iniziò a studiare i reperti sin dalla metà degli anni Cinquanta del xx Secolo, fra vicissitudini anche geopolitiche — il territorio passò attraverso le amministrazioni britannica, giordana e israeliana, più le varie guerre israelo-palestinesi — e polemiche; ci vollero più di 40 mosaici anni prima che tutto il materiale fosse messo a disposizione dell’intera comunità scientifica mondiale. I “codici” di Nag Hammâdi, ritrovati in una giara a 5 km da un monastero cenobita pacomiano, rimasero nascosti per lungo tempo dopo il ritrovamento e in seguito ad una complessa vicenda, dopo essere stati dispersi, furono recuperati e messi a disposizione degli studiosi. I testi contenuti nei codici sono per lo più scritti gnostici, ma includono anche tre opere appartenenti al “Corpus Hermeticum” ed una parziale traduzione della “Repubblica” di Platone. Gli scritti “ermetici” vanno considerati a parte poiché si allontanano decisamente dalle teorie gnostiche largamente diffuse nel resto della “biblioteca”; il loro interesse risiede soprattutto nella marcata ispirazione egizia rispetto ai testi greci e latini del tempo: la religione egiziana non viene rifiutata, piuttosto l’intento è di “spiritualizzarla” — l’Ermetismo non è tanto un sistema religioso quanto una “via” —. Complementari ed esaurienti, espongono l’insieme del percorso iniziatico che conduce alla “illuminazione divina” affermando l’importanza sostanziale del simbolismo, se non addirittura dell’allegoria.
È probabile che i “codici” di Nag Hammâdi appartenessero alla biblioteca di un monastero della zona, e che i monaci li abbiano nascosti per salvarli dalla distruzione quando si cominciò a considerare lo Gnosticismo “eresia”. Non se ne conoscono gli autori, né le circostanze e i luoghi di redazione; sono scritti in copto, benché pare certo che in gran parte siano traduzioni dal greco. L’opera più importante è il “Vangelo di Tommaso”, del quale quello di Nag Hammâdi è l’unico testo completo noto. Grazie al ritrovamento, gli studiosi compararono la presenza di frammenti degli stessi testi nei “frammenti di Ossirinco”, scoperti nel 1898, e furono in grado di collegarli alle citazioni dei “Padri della Chiesa”. La datazione con il radiocarbonio dei manoscritti li fa risalire al III e IV Secolo d.C. (e in ogni caso i dorsi delle rilegature furono rinforzati con carta straccia composta da ricevute datate al 341, al 346 e al 348), mentre per i testi greci originali è generalmente accettata una datazione fra il 120 e il 200 d.C.: non molto distante dai Vangeli canonici.

      Pietro Francesco Cascino - Gruppo Teosofico “Ars Regia H.P.B." di  Milano

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