I sentieri della mente nel cuore
(Gregorio Palamas)
di Riccardo Scarpa
Intendo qui sottoporre a
riflessione quanto scritto, sull’esperienza del cuore e della mente, da
Gregorio Palamas, il Santo Vescovo di Salonicco che compendiò nelle Sue opere
secoli di meditazione esicasta, e confrontarlo con la Theosophia
practica di Johan Georg Gichtel, l’ermetista
tedesco che riassume la
Teosofia tradizionale pur presente nell’Europa riformata,
attraverso le meditazioni di asceti del calibro di Jacob Böhme. Infine si
porranno a confronto i tre sentieri ascetici dello yoga, del sufismo e
dell’esicasmo, come percorsi della mente nel cuore. Gregorio Palamas, nei suoi Discorsi in difesa dei Santi esicasti (ΛΟΓΟΣ
ΥΠΕΡ ΤΩΝ ΙΕΡΩΣ ΗΣΥΧΑΖΟΝΤΩΝ), così s’esprime, certamente suscitando qualche
perplessità in chi ha un’idea comune, ai nostri giorni, sulla struttura del
corpo fisico umano: “…In effetti
mai nessuno ha supposto che l’intendimento risieda nelle unghie, nelle palpebre
e tanto meno nelle narici o nelle labbra, ma a tutti è sempre parso
concordemente che esso sia dentro di noi, mentre ci sono pareri differenti sul
modo in cui si serve d’uno degli organi interni. Alcuni in effetti lo pongono,
come in un’acropoli, sul cervello, mentre altri gli assegnano come veicolo la
parte centrale del cuore e quella ch’è purificata dallo spirito animale. Però
tutti noi sappiamo con certezza che la nostra facoltà razionale non sta né
dentro di noi come in un vaso – infatti è incorporea – né fuori di noi –
infatti ci è legata - ma sta nel cuore, ch’è il suo organo, e non abbiamo
imparato questo da un uomo, il quale, dopo aver indicato che “non le cose che
entrano nella bocca, ma quelle che ne escono contaminano l’uomo”[1],
dice proprio che “i ragionamenti
escono dal cuore”[2]. E lo stesso dice anche il grande Macario: “il cuore guida tutto l’organismo, e la
grazia, quando prende possesso del cuore, regna su tutti i ragionamenti e su
tutte le membra: in esso infatti sono l’intelletto e tutti i ragionamenti
dell’anima”[3]. […] Perciò, quando cerchiamo di sorvegliare e rettificare, con accurata
sobrietà, la nostra facoltà razionale, con che cosa la sorveglieremmo se,
raccogliendo insieme il nostro intelletto sparso attraverso le sensazioni, non
lo riconducessimo verso l’interno e verso quello stesso cuore ch’è sede dei
nostri ragionamenti? E per questo anche Macario, giustamente chiamato così[4],
afferma, poco dopo le parole dette prima: “bisogna quindi guardare qui, se la grazia vi ha inscritto le leggi
dello Spirito”[5]. Qui dove? Nell’organo che guida, nel trono
della grazia, dove stanno l’intelletto e tutti i ragionamenti dell’anima, vale
a dire nel cuore. Vedi quanto è necessario, per coloro che hanno deciso di
mantenersi nell’esichia, riportare e chiudere l’intelletto nel corpo, e
soprattutto nel corpo ch’è più dentro al corpo e che chiamiamo cuore”[6]. Il Dizionario di Scienze Filosofiche di
Cesare Ranzoli[7],
ricorda come il cuore sia spesso stato usato per significare gli stati
affettivi, le aspirazioni profonde, i sentimenti intimi ed immediati, e
rammenta come in Pascal esso sia la fonte immediata della conoscenza religiosa,
distinta, ma non opposta, alla conoscenza della ragione; è il cuore, che ha le
sue ragioni, che sente Dio: l’azione di Dio consiste nel porre la religione
nello Spirito mediante la ragione e nel cuore mediante la fede, attraverso tre
sorgenti di conoscenza: 1° conoscenza immediata, intuitiva, ed in tal senso il
cuore rappresenta la facoltà del vero evidente per se stesso, oltre qualsiasi
dimostrazione; 2° esperienza interna vissuta che sostiene la vita religiosa; 3°
amore, come attuarsi nella ragion pratica dell’affetto vitale, che unisce in un
abbraccio gli uomini e Dio, cioè la vita stessa di Dio. Come commenta Cesare
Ranzoli: “…è il sovrannaturale che
non si sovrappone alla natura come qualche cosa di estraneo, ma la investe, la
trasforma, frangendo e risolvendo quell’egoismo dell’io, che sarebbe tutto
l’uomo se Dio non fosse”.
Si vede bene come questa sia l’essenza della Teosofia quale vera gnosi monista,
che va ben oltre e supera il dualismo di un Saturnino o di un Marcione, di un
Valentino o di un Basilide, individuando la vera conoscenza del Divino nella
fede nel fatto di superare la separatività, il Diavolo = δίαβολος=δία-βάλλω,
lacero, divido, trafiggo, trasporto lontano, separo. Recita
Riportare
la mente nel cuore, il centro dell’interiorità, è la base di partenza per
l’esicasmo. Questa concezione del cuore ha in sé tutte le caratteristiche
attribuite dalla meditazione Yoga[20] all’Anahata,
il centro cardiaco, che interessa tutto il complesso cardiaco polmonare, posto
al mezzo della cavità toracica proprio dietro il cuore fisico, più o meno dove
le illustrazioni della Theosophia
practica di Johan Georg Gichtel
pongono quella sfera di cui s’è detto. Il carattere psicologico di quel centro,
secondo quella scuola meditativa, è l’amore che non chiede nulla in cambio, ed
è quindi diverso dall’amore della madre verso il figlio, che contiene delle
aspettative. È un potente centro d’emozioni, che cercano l’equilibrio, di tal
ché ogni squilibrio viene percepito come situazione egoica personale, fonte di
separatezza dagli altri, mentre invece l’attività equilibrata porta al
superamento proprio d’ogni egoismo separativo. Questo centro sottile viene
ricollegato all’energia dell’aria, e quindi al vento del cambiamento, e
talvolta alle sue bufere, e la tradizione Yoruba dell’Africa occidentale pone
nel cuore Oya, la dea del vento[21]. Nel
nostro corpo fisico il cuore è l’organo centrale nella circolazione del sangue,
nell’uomo periforme e della dimensione del pugno dell’individuo, posto nella
cavità toracica tra i polmoni, e la sua funzione è quella di una pompa del
sangue, per assicurare il ricambio d’ossigeno nel sangue medesimo, ed
attraverso esso ad ogni tessuto vitale del corpo, in collegamento con quei
mantici per l’aria che sono, appunto, i polmoni. È quindi legato all’aria, come
dicono gli yogi, e sull’importanza della respirazione, correlata alla
meditazione, Gregorio Palamas ci dà alcune indicazioni ben precise: “E non è affatto fuori luogo consigliare ai
novizi di badare prima di tutto a sé stessi e di mandare il proprio intelletto
dentro il corpo grazie all’inspirazione. In effetti nessuno che pensi
correttamente rifiuterebbe di ricondurre a sé stesso con alcuni artifici
l’intelletto non capace di contemplare sé stesso. È quindi perché a coloro che
hanno affrontato quest’agone solo da poco l’intelletto sfugge subito dopo
essere stato raccolto e perciò bisogna pure che sia subito riportato indietro,
ed è proprio perché quanti non si sono ancora esercitati a sufficienza non
s’accorgono che esso è la cosa più difficile da contemplare e più mobile che
alcuni consigliano di prestare attenzione al respiro, nella sua continua
emissione ed immissione, sospendendolo poco, per sorvegliare anche
l’intelletto, mentre si bada al respiro, finché, dopo aver progredito, con
l’aiuto di Dio, e dopo aver imparato ad impedire al proprio intelletto di
disperdersi verso le cose che lo circondano, rendendolo non mescolato, essi
possano immediatamente giungere all’“unione
in una sola specie”. E si può
vedere che questa è una conseguenza spontanea del prendersi cura
dell’intelletto. Infatti in questo modo il soffio viene dentro e va fuori
tranquillamente anche ogni riflessione impegnativa come un agone, soprattutto
per coloro che hanno raggiunto l’esichia nel corpo e nell’intendimento. In
effetti costoro, che sono giunti spiritualmente al sabato e che vivono nella
sospensione di tutte le proprie opere, eliminano per quanto è possibile dalle
conoscenze delle potenze psichiche ogni opera mutevole, che riguardi l’esterno
e variamente molteplice, tutte le percezioni sensibili e semplicemente ogni
atto del corpo, per quanto ne siano capaci o, se non ne siano perfettamente
capaci, come nel respiro, fino al punto in cui lo siano “[22].
Questo accenno al respiro come mezzo per ricondurre la mente nel cuore,
attraverso un ritmo imposto alla circolazione, cioè a tutto il sistema
cardiopolmonare, che si manifesta infatti, anche, in una variazione del battito
cardiaco, per incidere sulle condizioni dello spirito e dell’anima del
soggetto, ci suggerisce una breve riflessione sulle etimologie proprio delle
parole spirito ed anima, che rimandano all’aria, al soffio
ed al respiro: Spirito, latino spiritus,
dal verbo spirare, che sta per
soffiare e respirare, affine alla radice della parola greca φϋσα che sta per mantica, dalla radice spa- spas- dal sanscrito pu, che significa soffiare, greco ψϋχω, io inspiro, dal sanscrito sphu, soffio, da cui ψυχή anima. Spirito in greco si dice πνεϋμα che sta sempre per soffio, dal
verbo πνέω, soffio, per l’appunto. A
sua volta il latino anima viene dalla radice greca ά νεμος, ’άνεμος, vento,
dalla forma verbale sanscrita àniti,
egli soffia. Quindi il ritmo del respiro è il ritmo dell’anima ed il ritmo
dello spirito, e con esso si controllano le emozioni ed i sentimenti, così come
i pensieri, per ricondurre l’intelletto nel cuore. L’accenno ai centri sottili
nella esperienza yoga ci dà occasione, tra l’altro, di precisare qualcosa al
sorpreso medico contemporaneo sui rapporti tra cuore ed intelletto. Padre
Giovanni Vannucci, un monaco latino aperto alle esperienze ascetiche
dell’Oriente, proprio in una sua introduzione alla traduzione italiana d’uno
scritto d’un anonimo monaco della Chiesa Ortodossa edito dalla Fellowship of St. Alban and St. Sergius,
in Ladbroke Grove, Londra, dato che la tradizione esicastica accenna ai centri
sottili, precisa: “Questi centri
sottili sono in realtà nel cervello, li percepiamo però localizzati in alcune
regioni del corpo; come quando ci si fa male alla caviglia sappiamo che la
percezione reale del dolore è nel cervello, così percepiamo questi centri in
quelle zone del sistema nervoso cui sono collegati, benché siano localizzati nel
cervello stesso. Dal punto di vista pratico, la concentrazione viene esercitata
sui centri come se fossero realmente situati alla base della colonna
vertebrale, all’altezza dell’ombelico, del cuore, della fronte, del vertice del
cranio ecc.”[23]. Dal
punto di vista delle sensazioni del corpo fisico, ecco “spiegato l’arcano”;
ma questo modesto contributo tende a riferire di una via dello Spirito che
passa pel ricondurre, attraverso la concentrazione sul cuore, la mente nel
cuore stesso, cioè nel percepirla nella nostra interiorità, specificandone i
mezzi e le ragioni. Il titolo dato da Padre Giovanni Vannucci alla traduzione
italiana del testo sulla preghiera del cuore dell’anonimo esicasta, pubblicato
dalla confraternita britannica: “Lo
Joga cristiano” invita in
proposito a fare delle precisazioni sui tre sentieri percorsi, all’interno
della via ascetica, dalle principali scuole meditative dell’umanità: lo yoga,
appunto, la preghiera dei nomi di Dio praticata dai Sufi, e
[1] Mt 15, 11.
[2] Mt 15, 19.
[3] Macario (pseudo-), Homilia 15, 20, P.G. 34, 589 B.
[4] Beato, in espressione greca, si dice μακάριος.
[5] Macario (pseudo-), loc. cit..
[6] Seconda risposta, §3, trad. it. Ettore Perella, in Gregorio Palamas, Atto e Luce Divina, Milano 2003.
[7] C. Ranzoli, Dizionario di Scienze Filosofiche, Milano 1926.
[8] J. G. Gichtel, Theosophia practica ovvero breve introduzione ed istruzione sui tre principî ed i tre mondi nell’uomo, Nell’anno di Cristo 1736, trad.it. Maurizio Barracano, Roma 1998, pag. 80-82.
[9] Sl 45 (44), 14.
[10] Gl 4, 6.
[11] Lc 17, 21.
[12] Pr 27, 21 (trad. di Origene e di Gregorio di Nissa)
[13] Pr 2, 5.
[14] Giovanni Climaco, Scala paradisi, 26, P.G. 88, 1020°.
[15] Gregorio Palamas, in op. cit., pag.339-341.
[16] 2 Cor 4, 6.
[17] Dionigi Aereopagita (pseudo-), De divinis nominibus, 4, 6, P.G. 3, 701.
[18] Macario (Simeone Metafraste), De patientia et discrezione, 13, P.G. 34, 876 D.
[19] Gregorio Palamas, in op. cit. pag. 367-369.
[20] Sullo yoga è da segnalare un’opera eccellente: Mario Scaffidi Abbate, Iniziazione al mondo dello Yoga, Roma 1998.
[21] Cfr. Caroline Shola Arewa, I Chakra, trad. it. Giulia Amici, Vicenza 2002, pag.111 e ss.
[22] Gregorio Palamas, op. cit., pag.345-347.
[23] G. Vannucci, Lo Joga cristiano,la preghiera esicasta, Firenze 1978, pag. 17, 18.
[24] Il teosofo confronti, su questo, H. P. Blavatsky, Iside Svelata, II/306.
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