Intervista al Teosofo Franco Battiato

Di: Giuditta Dembech

        Franco Battiato non si concede facilmente, è schivo, taciturno, teme la superficialità i luoghi comuni, diffida dei giornalisti (e come dargli torto?). E quando si concede, le sue risposte sono brevi, concise, quasi che avesse fretta di liberarsi di un interlocutore che gli sta stretto.

        Da molti anni desideravo intervistarlo. Arrivare a lui è arduo, una barriera amorevole e protettiva di persone gli fa da scudo, quasi impenetrabile, permettendogli qualche spazio per se stesso.

        E poi è sempre in movimento, non riesce a fermarsi neppure fisicamente in un luogo, che già è in partenza verso un’altra destinazione in Italia ed all’estero: concerti, sale di registrazione, location di film ed ora anche autore e conduttore televisivo.

        E’ un musicista, cantautore di altissimo livello che è riuscito a fare il salto generazionale: ci ha affascinato da giovani, ha mantenuto viva la nostra attenzione e poi è riuscito ad incantare anche i nostri figli; ma non si ferma qui, va ancora oltre, verso sonorità etnico-pop-rockettare che incontrano il gusto delle nuove leve di ragazzi.

I suoi testi sono raffinatissimi, spesso al limite del surreale, comprensibili soltanto da un pubblico attento e, in qualche modo “addetto ai lavori”.

     Quando canta è immerso in una dimensione differente, attorniato da migliaia di persone eppure solo in un suo regno metafisico.

        Mi sono avvicinata all’intervista fidando sull’esperienza che ho acquisito in tanti anni di giornalismo, ma ben consapevole di trovarmi di fronte, come dice lui stesso in una canzone “un essere speciale”…

   Il suo personaggio non si rifà a nessun altro; fuori dai canoni, lento agli entusiasmi, misurato nella gestualità, emana un intenso magnetismo.

   Nell’approccio iniziale ho avuto la sensazione di trovarmi accanto ad una di quelle belle creature dei boschi, solenne e inafferrabile come un cervo, che si lascia cautamente osservare, avvicinare, ma che al minimo gesto si ritrae ad una distanza di sicurezza, e poi il dialogo fra noi è scivolato via sereno, quasi giocoso in alcuni tratti.

   Possiede una sensibilità davvero straordinaria, ai limiti del paranormale nei confronti dell’interlocutore, riesce a percepirne la vibrazione, le sfumature, direi quasi i moti dell’anima.

        Gli sono grata del tempo che mi ha concesso, di quello che mi ha detto, e soprattutto della dolcezza e della tenerezza con cui lo ha detto.

        Ho scelto di riportare testualmente il nostro dialogo così com’è stato registrato, senza modificare nessuna parola per non perdere nulla della sua immediatezza e spontaneità…

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G. Sto cercando di definirti in qualche modo, perché sei una creatura così affascinante, così misteriosa, inafferrabile, multiforme, una sorta di caleidoscopio… Sei cantante, regista, pittore, poeta, scrittore, editore, ma soprattutto, per quanto riguarda i nostri interessi teosofici, sei un ricercatore spirituale.

B. Meno male, perché questo è il meglio, le altre cose mi fanno paura.

G. Ma chi è veramente Franco Battiato, qual’è la definizione che dai di te stesso? Cosa ti senti veramente?

B. Beh, io direi simplex” cioè uno che sta cercando di conoscersi, di avvicinarsi a se stesso. Qualche tibetano che la sa lunga ha detto: Cerchiamo di fare amicizia con noi stessi ed io cerco di entrare in quell’amicizia di sé.

G. Direi che sai entrare nella profondità delle cose, sperimenti e poi ci trascini con te, trascini una massa immensa di persone… Ma tu la senti questa varia umanità che ti ama, che ti segue in questi tuoi percorsi, in questi tuoi sentieri?

B. Beh, si, naturalmente col tempo ho constatato che c’è un pubblico che segue quello che faccio, però lo ignoro, perché la responsabilità che ho nella vita è quella di non abbandonare un’etica che sto seguendo.

G. La necessità di rimanere te stesso?

B. Si, assolutamente…

G. Vorrei farti qualche domanda un po’ fuori dagli schemi perché vedi, non mi considero la solita giornalista, qualcosa di più… “sottile”.

B: Meno male…

G: si in effetti un giornalista dovrebbe essere asettico, un testimone imparziale, o così si suppone, della sua epoca, ma io non sono asettica, io sono coinvolta nella ricerca spirituale e tu sei un oggetto misterioso, non sei un personaggio qualunque, rappresenti un modello per molti e poi hai effettuato un percorso specialissimo. I giovani ti adorano…

B. Beh, non tutti.

G. Farsi amare dai giovani oggi non è facile, anzi è difficilissimo, eppure in molti ti amano. Noi meno giovani ti amiamo da sempre perché sei entrato nella nostra vita, nella nostra epoca, mentre i Soloni della cronaca ti guardano con sospetto.

B. Beh, meno male, è meglio che sia così…

G. Sei vicinissimo al cuore del grande pubblico eppure sei così inafferrabile, etereo, come se tu fossi un visitatore da un altro pianeta che si ferma, si concede un attimo, lascia un dono e poi fugge. Ma qual è il tuo segreto?

B. Sicuramente, schivare i pericoli che ci sono in quello che si chiama “mondo dello spettacolo”. Sono ben peggio che le sirene di Ulisse, possono essere una prigione a volte ben peggiore di quella della non ricerca. Perché talvolta è meglio che qualcuno faccia la sua strada così, senza tanto clamore, però quando ci si mette in un cammino di ricerca, e si cerca di approfondire i perchè di questa ricerca, il successo, o quello che potremmo definire appunto questa cosa che è anche fatua e a volte inutile… il successo, può essere una grande prigione e occorre stare all’erta e non lasciarsi trascinare in luoghi che non sono una sosta, ma una fermata definitiva.

G. Hai detto una cosa bellissima: “La prigione della non ricerca, come se colui che non sia coinvolto in una ricerca sia prigioniero di qualcosa che ne limita la crescita e i movimenti… Non ci avevo pensato, è veramente una definizione splendida…

A parte che a volte sono un po’ invidiosa delle cose che dici, perché sono talmente belle che vorrei averle dette io… Ad un intervistatore che ti ha chiesto chi, secondo te avrebbe vinto all’Isola dei famosi, ti ho sentito rispondere: “Vedi, a me non interessa sentirmi intelligente ascoltando dei cretini che parlano… preferisco sentirmi cretino ascoltando una persona eccelsa che parla…. Sei stato grandioso!

B. Innanzitutto dovremmo capire chi è che in realtà dice le cose, perché alcune di queste cose che dico a volte ti attraversano, ti scavalcano, fortunatamente arrivano, ma a volte sono tue a volte no…

G: Sono come la tua musica, si percepisce subito che alcune tue composizioni attingono dai Piani Superiori…

La tua musica spazia in tutte le direzioni ed esplora tutti i territori, si svolge con un lavoro di ricerca che direi va oltre i 360 gradi, direi quasi una ricerca “sferica”, ed ogni lavoro ci lascia stupefatti. Ogni volta riesci ad incantarci con le tue tematiche, sentiamo che ci lavorano dentro, che smuovono le radici della nostra anima, ma non appena ne siamo catturati, affascinati, sei già fuggito altrove, pronto per altro, già alla ricerca di qualcos’altro di nuovo e intrigante…

B. Sai, questo è legato anche alla natura degli individui, ci sono i contemplativi e ci sono gli adrenalinici… Voglio dire che ci sono delle nature che hanno bisogno di rinnovamento ed altre che si accontentano di quello che hanno raggiunto e lo ripetono fino all’inverosimile…

G. Pensando al tuo ultimo CD – Dieci stratagemmi, c’è da dire che hai strategicamente” spaziato in una scelta musicale ad ampio respiro, ci sono brani sia per i contemplativi che per gli adrenalinici, ti esprimi in lingue diverse, lasci spazi ad altri interpreti, fai filosofia, ma fai anche avanguardia tipo metal, c’è posto per tutti…

B. (ride) credo di si…

G. Quando hai scritto “Cerco un centro di gravità permanente”, praticamente ci hai detto: sto percorrendo una strada che gira gira non riesce a fermarmi e né a catturarmi”. In effetti tu non ti fermi mai, sei sempre più avanti rispetto al tuo tempo, ma non è soltanto questione di essere più avanti, sei sempre più in là, da qualche altra parte… Tu hai percorso in passato, e stai percorrendo adesso, strade a cui altri arriveranno probabilmente fra qualche anno.

Tocchi un’infinità di cose, vai dalla musica etnica alla New Age… lo so che non ti piace questo termine…

B:Proprio così, non mi piace affatto, tanto per intenderci…

G: Lo so, eppure, volente o nolente tu hai anticipato anche la New Age… Sei riuscito a mettere in musica e cantare di tutto, dalla reincarnazione ad Atlantide. Ad esempio, c’è un tuo brano che amo moltissimo: “Un Oceano di Silenzio”. Io insegno meditazione e riconosco che quella è molto più di una canzone, quello è già uno schema di meditazione. E’ una traccia precisa… è sufficiente chiudere gli occhi, farsi attraversare dalla musica, guidare dalle tue parole e si entra in meditazione profonda accanto a te, sentendoti quasi fisicamente al fianco…

B. Si, questo è vero perchè in realtà lo scopo di questa incursione è sempre stato questo, la trasformazione di un mondo meditativo in canzone, sembrava che non si potesse fare e invece, si può fare…

G. Abbiamo visto che con te molte cose sono possibili… con questa tua voce vellutata, con questo respiro che ti avvolge nel canto, hai detto anche cose taglientissime, anticipando di molto i tempi…

Con “Povera Patria” ad esempio, hai fatto controinformazione prima di chiunque altro, hai detto una verità scomoda, nessuno finora aveva mai osato tanto…

B. La priorità non è importante, questo l’ho capito col tempo, magari dopo di te viene qualcuno che lo fa meglio.

G. Beh, lo stiamo ancora spettando, e comunque arriva sempre dopo…. Lo sperimento anch’io con i miei libri, ma aiutami a capire: tu passi dall’esplorazione del piano spirituale alle spine degli intrecci politici; hai toccato, modificato e rinnovato tutto, compresi gli schemi del balletto e della musica classica: mi riferisco a Gilgamesh. Ma tu, verso quali strade sei incamminato?

B. E’ come ti dicevo all’inizio, io sono un gran curioso, ma molto attento a ciò che mi passa attorno, e ti devo dire ad esempio, che oggi siamo in un momento in cui i luoghi che frequentiamo, i mezzi di comunicazione, la nostra televisione, certi aeroporti, fanno prevedere un nero, un futuro senza speranza… Però basta volgere la testa altrove, e capisci che spesse volte siamo vittime, veramente vittime di determinati cerchi…

Va detto anche che in questo momento ci sono scienziati che stanno lavorando in settori di altissimo livello con grandissime soluzioni e noi dobbiamo guardare alle eccellenze.

“Di una persona si guarda la vetta e non la base” diceva Schopenauer e noi abbiamo dei ricercatori italiani nel campo scientifico, di questi nuovi scienziati che stanno cominciando a volgere lo sguardo anche alle scienze intuitive. E’ qualcosa che non era mai successo, che la fisica quantistica si potesse anche avvalere di elementi extraterritoriali, perché come si sa loro considerano vero soltanto quello che si può sperimentare.

G. Si, infatti la fisica non considera il mondo dello spirito.

B. Questi nuovi scienziati stanno dicendo: Occhio, tendiamo un orecchio anche ai profeti”… E i nuovi, che sostengono che non c’è stato big bang; sono tutte cose molto interessanti.

G. In “Un oceano di silenzio” hai cantato qualcosa di simile: …senza fine né principio…. Quindi, tornando a noi tu hai fiducia nella nuova scienza?

B. Assolutamente si! sono un entusiasta proprio…

G. In effetti dobbiamo mantenere viva la speranza, perchè se ci lasciamo coinvolgere dall’oscurità che ci circonda, rischiamo di perdere quel poco di positivo che ci rimane…

B. E certo, perché basta guardare i telegiornali la sera, sono dei necrofili…

G. …Grondano sangue.

B. A parte che circola il novantanove per cento di bugie, non è che ci si possa fidare…

G. Torniamo alla tua musica; quando la ascolti o la ami immediatamente…

B. Oppure la detesti…

G. Eh si, se non sei in sintonia con questo tipo rarefatto di vibrazioni ti respinge, ma quando la ami ti entra nel sangue e poi diventa la colonna sonora di tanti momenti particolari della tua vita…

Eppure non è una musica facile, è una musica sofisticata, complessa, non è che la puoi fischiettare, direi che è tagliata sulle tue misure…

B. Questo dimostra che non sempre sono vere quelle statistiche da quattro soldi che normalmente circolano, e non sono vere neanche dal punto di vista del mercato… A volte perchè fa più comodo, più colore, ma a parità di vendite…

Vedi, quando ero più giovane e avevo voglia di scherzare, un po’ più di adesso, allora in qualche salotto chiedevo: “Secondo te chi vende di più, Fabrizio de Andrè oppure…..?” e dicevo un altro nome molto commerciale di musica tradizionale italiana.

Tutti rispondevano: “Certamente vende di più il cantante commerciale!”

“E invece no - replicavo io - Fabrizio vende quattrocento volte di più di quello!” Eppure De Andrè sembrava il sofisticato e l’altro il commerciale… Perché, vedi, c’è una grande differenza fra gli artisti che passano in televisione e quindi vengono consumati da una massa, poco grande che sia perché i numeri non sono mai veri, da una massa dicevo, di quelli che guardano la televisione così per passatempo, e che pensano al vestito, guardano se ha una moglie che gli ha fatto le corna… ma quelli non sono compratori, quella non è gente che va a comprare: e magari, proprio coloro che non guardano la televisione sono quelli che consumano cultura… o almeno, quelli che non guardano certa televisione…

G. E comunque, scelgono quei nomi che hanno lasciato una traccia nel loro tempo, nella nostra storia…

B. Eh, si, certo!

G: Ricordo qualche anno fa, forse era il ‘91 o ’92, in cui eravamo in un appiattimento di mercato spaventoso, una tua compilation è rimasta in testa alle classifiche di vendita per moltissimo tempo, eppure non erano musiche né facili e né commerciali…

B. Tu stai parlando di Fleurs probabilmente...

G. No, anche Fleurs è stata importante, ma è stato alcuni anni prima, mi riferisco a “Il cammello nella grondaia. Attorno, musicalmente parlando, c’era il deserto…

B. Si, quello è stato un grande successo, veramente, e poi il disco era molto difficile, c’erano quattro leaders di musica classica da una parte…

G. All’epoca conducevo una trasmissione radiofonica al mattino e facevo notare agli ascoltatori che il grande pubblico è molto meno stupido di quanto i media vogliano farci credere. E poi una musica così raffinata, sofisticata, complessa come la tua, in testa a tutte le classifiche nonostante la concorrenza di brani molto più commerciali... Effettivamente dunque il grande pubblico è molto più intelligente e preparato a scegliere di quanto sembra.

B  Si, questo è vero, è sempre stato così.

G. C’è un’altra domanda che mi sta molto a cuore: ma tu, quando componi, per chi scrivi? Lo fai seguendo le tue geometrie, il tuo sogno interiore oppure pensi a coloro che ascolteranno…

B. Devo dire che a quelli che ascolteranno penso molto di rado, quasi mai… Grossolanamente posso dividere questo mio modello in due rette parallele; una è poi la strada che mi accompagna da quando, se ben ricordo, avevo tre anni: il soprasensibile, le forze superiori, l’esistenza di mondi più sottili…

Dall’altra parte invece, c’è il musicista che a volte poggia sulla propria esperienza e sulla straordinaria qualità che la musica ha in sé come Ente.

G. Cioè la capacità della musica di trasportare sul piano materiale le esperienze dei Regni soprannaturali?

B. Esattamente, è il grande mistero di questa disciplina…

G. In alcuni casi ci sei riuscito perfettamente, accade talvolta che ascoltando alcune delle cose che hai scritto, in relax, ad occhi chiusi è come uscire in altre dimensioni, ci porti via con te…

B: Meno male…

G… Torniamo ora alla tua ricerca spirituale, alla tua esperienza con i mondi superiori. E’ chiaro da quello che scrivi e che canti, e da come lo canti, che dietro c’è una lunga ricerca spirituale: anche questa si esprime a 360 gradi come la tua musica o segui un tuo “filone preferenziale?”

B. Quello che tu chiami filone preferenziale è la sintesi del mio personale percorso, perché tu sai, ed è folgorante questa cosa: è ineffabile, è incommensurabile, non si può capire effettivamente quanto sia grande la differenza fra un individuo e un altro. Penso sia la cosa più bella dell’esistenza.

G. Tu credi all’esistenza di creature di altri pianeti, di altre dimensioni?

B. Ma senz’altro!

G. E pensi che da loro possa arrivarci un minimo di supporto, di aiuto?

B: Eh si, potrebbe essere, penso che qua e là di aiuti ne abbiamo, anche se non visibili. Un proverbio turco dice: “E’ nell’invisibile quello che c’è di più, non nel visibile”

G. Questa ondata di bugie, questo seminare in modo artificioso e deliberato la paura nel cuore e nella mente delle persone semplici, pensi che riusciremo in qualche modo a sconfiggerla? Con quali mezzi riusciremo?

B. Chiaramente sappiamo esistere il bene e il male, e dunque dobbiamo scegliere da che parte stare, perché ci sono persone che stanno bene in ciascuna di quelle dimensioni. Le persone di luce non sopportano il buio, ma è vero anche il contrario.

G. Cioè il fatto che una piccola luce può sconfiggere una grande tenebra?

B. Eh si, però una piccola tenebra può macchiare la luce, e questo è sempre più vero.

G. L’importante dunque è di tenere viva quella luce e diffondere la speranza…

B. Appunto!

G. Prima, parlando della non-ricerca, mi hai dato una risposta molto bella ma ora vorrei approfondire…

B. E va bene, se vuoi che scenda nei dettagli, ti dirò che sono onnivoro, e quindi mi sono nutrito di induismo, sufismo, buddismo, cristianesimo, perché ho una natura che ha bisogno di capire da tante fonti. E’ come succede nelle lingue; certi vocaboli in una lingua non esistono e dunque è giusto cercarli nella lingua che ha sintetizzato meglio il significato di una cosa. Ti dirò che sono proprio molto contento di essere aperto a qualsiasi influenza.

G. Questo è un discorso teosofico per eccellenza!

B: Si è vero… questa è la sintesi della mia ricerca.

G: La Teosofia ti dice: non limitatevi, andare a cercare, studiate, comparate… è anche il discorso di Papa Giovanni: non esaltiamo ciò che ci divide ma cerchiamo quello che ci accomuna…

B. E’ esattamente così…

G. E’ chiaro che anche in questo campo hai un accesso privilegiato, c’è un episodio particolare che vuoi raccontarci?

B: Si, risale a quando la mia insegnante elementare mi fece vedere, circa vent’anni fa, un tema che avevo scritto. Devi sapere che io ho saltato la prima elementare, si faceva così quando i genitori volevano tenere ancora con sé il bambino per prepararlo…

G. Per entrare direttamente in seconda diciamo che il bambino doveva anche essere un po’ speciale…

B. Bah, non saprei… questo tema l’ho scritto forse in terza elementare, e cominciava così: “Io, chi sono?”

Ora, per un bambino di quell’età e poi specialmente in una zona dove ho vissuto io, molto tribale, non avendo neanche avuto genitori, diciamo così, che avessero un minimo di cultura, è un caso lampante di come siamo già vissuti prima della nostra nascita…

G. Si, la tua fiducia nella reincarnazione è evidente da tutto ciò che dici, e da come hai cercato di spiegarlo e farlo capire anche agli altri nel tuo “Al cafè de la Paix”.

B. E’ vero…

G. Ma dove trovi gli spunti, da dove nascono certe composizioni, certe musiche, certi testi meravigliosi che hai composto? Mi viene in mente La cura ad esempio…

B. Quella, è una canzone che ha un quid insondabile di ispirazione. Come ti dicevo prima, c’è una grande differenza tra il comporre canzoni come mestiere ed avere ispirazione.

La cura” è una di quelle che è arrivata come da una cellula superiore… E’ arrivata come una piccola luce a toccarmi, e mi è bastata per scrivere questo pezzo. E’ stata vera ispirazione. Poi col mestiere aggiusti, crei, scrivi testi, questo ed altre cose. Il testo poi lo abbiamo scritto a quattro mani con Sgalambro, però la cellula è stata di ordine, di amore veramente universale.

G. Quindi hai attinto direttamente dai Regni Superiori?

B. Mi è stato passato……

G. Vorrei chiederti ancora tante cose perché è una gioia parlare con te, e il mio desiderio è quello di cercare di penetrare in qualche modo nel tuo cuore per tentare di rivelarlo agli altri. C’è qualcosa che tu vorresti dire e che non ti ho chiesto, qualcosa che ritieni importante…

B. Ma Giuditta! in questa mattina mi hai chiesto di tutto, mi hai chiesto dell’intero Universo…

G. E’ perché quello che dici è rivolto ad un pubblico speciale, di teosofi, di ricercatori spirituali… Tu sei un interlocutore altrettanto speciale, amato e privilegiato, e poi la nostra è un’intervista da cuore a cuore, da abitanti del pianeta ad altri compagni di viaggio… Dimmi, c’è un messaggio particolare che vuoi lasciare ai giovani?

B: Io sono contrario ai messaggi, ma visto che mi stai spingendo nell’angolo come un pugile, ti dirò la stessa cosa che ripeto sempre a me stesso: acceleriamo, acceleriamo più che possiamo, per evitare quella che gli indiani giustamente hanno chiamato la legge del karma. La tua azione inevitabilmente procurerà una reazione, e allora dobbiamo essere attenti e svegli a non commettere azioni che si ritorcano contro l’Essere.

G. Ti faccio un’ultima domanda che fa parte del percorso teosofico: ciascuno di noi svolge un compito attraverso i mezzi che la vita gli ha messo a disposizione. In questo senso ti senti, ritieni di essere un servitore dell’Umanità?

B. No, sinceramente, dell’umanità no, mi sento un servitore dell’Alto, questo si, senz’altro…

G. Mi sono espressa male, intendevo dire se ti senti un tramite, cioè colui che fa da ponte fra i regni accessibili a pochi, ed i regni della materia, della quotidianità in cui viviamo…

B. In questo senso si! Assolutamente si, lo sono senz’altro…

Estratto dal Sito:

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