La compassione - Guarire se stessi - guarire gli altri

 Di: Trân-Thi-Kim-Diêu

L’esperienza della sofferenza

Nessun essere sensibile sulla terra sembra poter evitare la sofferenza. E’ innegabilmente la principale esperienza che l’essere umano condivide con i regni sensibili e visibili. Spesso, i minerali – che durano tanto – mostrano poco il loro lato sensibile. Rari sono quelli che possono testimoniare della sofferenza o del dolore dei minerali. Eppure alcune persone potrebbero testimoniare dell’espressione di una gioia intensa in presenza di un quarzo rosa esposto in un museo, o semplicemente di una roccia in una foresta o in un giardino pubblico.

Con il regno vegetale sembra emergere una sensibilità più grande. Le piante, gli alberi, l’erba… possono mostrare, in modo visibile, dello sconforto e del dolore, per esempio in caso di siccità, di incendio o di inondazione, ecc. Gli animali possono esternare il loro dolore fisico: si possono sentire cani manifestare il loro dolore. A volte possono esprimere non soltanto la loro gioia e la loro felicità, ma anche la loro ansia, il loro timore, la loro rabbia, che sono esteriorizzazioni di una sofferenza e di una tristezza psicologiche. Rapporti circostanziati delle reazioni di animali, quali gemiti e fremiti, quando vengono condotti al macello, sono sempre più numerosi e sempre più conosciuti. Ovunque esista, questa sofferenza psicologica può generare un disordine fisiologico e una malattia fisica. E’ il cosiddetto fenomeno psicosomatico. Gli esseri umani eccellono in questo campo, molto più degli animali. Essi possono generare ogni sorta di disturbi fisici a partire da disturbi psicologici e diversificare i disordini ad un livello così complesso che potranno essere guariti da un’azione psicologica e non più solo da un’azione medica esterna.

La sofferenza ha uno scopo? Sicuramente, si tratta principalmente della sofferenza psicologica. Perché questo fenomeno della sofferenza è così universale? Perché gli esseri umani – tra gli altri esseri sensibili – devono soffrire? Possono uscire da questa condizione oppure sono condannati a sopportare ancora e ancora questa esperienza?

La causa, lo scopo e la giustificazione

Si è letto, a più riprese, che la causa della sofferenza è il desiderio. Ci spiegano che il carburante del desiderio nutre senza tregua lo psichismo – il mentale inferiore – in modo che non possa essere in pace. Una cosa dopo l’altra, salta di oggetto in oggetto. Non può mai essere in uno stato di contemplazione soggettiva che induca la quiete interna. A partire da questa agitazione, può degenerare in ansia e in paura. E la paura è all’origine della maggior parte dei pensieri e delle azioni nefaste. Sì, è vero che il desiderio è la causa della sofferenza.

Sembra naturale concludere che, per mettere fine alla sofferenza, gli esseri umani devono cessare di desiderare. Questa conclusione può essere valida soltanto quando il desiderio è di natura inferiore. Essa non può riguardare un altro tipo di desiderio, di natura superiore. Per esempio, il profondo desiderio di aiutare gli altri ad uscire dalle loro talora miserabili condizioni e a raggiungere la felicità, tanto quanto il desiderio intenso di liberarsi dal pantano delle limitazioni delle forme e dei nomi; è preferibile conservare questi desideri fino alla loro piena realizzazione! Di conseguenza, a questo stadio della nostra riflessione, il termine “desiderio” ha bisogno di essere ridefinito. Si può chiamare il desiderio inferiore “desiderio egoista” e l’altro “nobile desiderio”? Il primo tipo è nefasto, perturbatore per gli altri e distruttore per se stessi, mentre il secondo è utile ed istruttivo per se stessi e per gli altri.

Ma perché gli esseri umani, come gli altri esseri sensibili, devono soffrire? Abbiamo imparato che si soffre a causa dei cattivi desideri che generano delle cattive azioni e che, in quanto legge universale ri-armonizzante, il Karma raddrizza le cose in modo che le conseguenze delle cattive azioni possano essere controbilanciate. E anche questo è vero: Karma è qui espresso non come Nemesi per punire o vendicare, ma anche per ricompensare o riconfortare. Allo stesso modo, ma vista in un’altra maniera, la sofferenza può agire come un istruttore, un fattore di risveglio della coscienza. Quando non è sufficientemente destata, la coscienza ha bisogno di essere tenuta sveglia con tutti i mezzi. Possiamo effettivamente osservare che nelle condizioni di vita senza ostacoli il mentale umano perde la sua capacità di vigilanza e di inventiva e può sprofondare nel letargo e nella stupidità. La sofferenza, ad un certo stadio di evoluzione, sembra avere una meta, quella di svegliare la coscienza alla sensibilità.

A volte questo fattore di risveglio viene tuttavia capito male e utilizzato male dagli esseri umani. E’ comprensibile: vi è una specie di automatismo nel mondo della materia. Il movimento della materia è completamente meccanico. Senza l’aiuto dell’intelligenza che si esprime in attenzione e in presa di coscienza, il pensiero meccanico continua a ripetere sempre lo stesso movimento. L’intelligenza può mostrare ad un osservatore abile due punti importanti: primo, che se la sofferenza ha la sua causa nel desiderio, soltanto il desiderio inferiore va eliminato; secondo, che senza il nobile desiderio la vita diventa insulsa e senza meta. Inoltre il modo di vivere meccanico tende a conservare l’automatismo della sofferenza… come una giustificazione per non avanzare più in là. Non è sorprendente? Ma è così. Un mentale meccanico, abituato ad imparare attraverso la sofferenza, continua a… soffrire. Non si rende conto che quando una condizione non è più necessaria, bisogna sbarazzarsene. Quando l’animo è sufficientemente evoluto, ossia abbastanza maturo e abbastanza sensibile, cessa di imparare attraverso la sofferenza. Il mezzo di apprendimento è anche l’osservazione, la riflessione e le percezioni interiori (o intuizione).

La rottura consiste nel realizzare che non esiste un sofferente

La rottura è un passo in avanti per l’anima spirituale e individuale, al fine di uscire dalla “melma terrestre”, essendo la melma la stessa cosa delle condizioni umane (o natura inferiore) ed anche delle condizioni della materia (agendo come una prigione per la mente). Ora, capendo la causa, vedendo la meta del fenomeno della sofferenza e non utilizzandola come giustificazione per ristagnare nella corrente dell’evoluzione, l’anima deve fare una svolta interiore radicale verso il vero e proprio apprendistato equivalente alla realizzazione e non soltanto alla comprensione intellettuale. L’anima deve realizzare una verità riassumibile nel fatto che, benché la sofferenza sia universale, non esiste un sofferente: quest’ultimo è soltanto un’idea illusoria fabbricata da un pensiero meccanico. Il “sofferente” svanisce e la malattia dell’anima, che è la sofferenza, è guarita.

Questa rottura è di estrema importanza per il processo totale di guarigione. Nel campo della sofferenza psicologica non si possono guarire gli altri prima di aver guarito se stessi. Dai minerali semiconsapevoli, passando per le piante passivamente modellate dal contatto ed agli animali tormentati dal desiderio istintivo inferiore, la consapevolezza presso gli esseri umani si sveglia faticosamente attraverso la sofferenza. Soffrire prende milioni di anni terrestri, finché gli esseri umani non hanno realizzato che ci sono altri modi di apprendere. Questo succede perché la mente degli esseri umani non è stata ancora sufficientemente liberata dalla materia. Ma come abbiamo detto, poiché siamo sull’arco ascendente dell’Evoluzione e poiché la Natura inizia il suo lavoro di selezione, la mente prenderà immancabilmente i comandi e consentirà di imparare in un altro modo. Quando la coscienza esce dal circolo vizioso di tristezza, di sconforto, di angoscia, di sofferenza che l’imprigionano, allora può essere consapevole degli altri.

La compassione – la fine della pena e della sofferenza

La compassione è la consapevolezza della sofferenza degli altri, unita ad un desiderio di aiuto naturale e ad una disposizione simpatica per lenirla. Si può essere desti alla pena e allo sconforto degli altri quando non si è più confinati nella propria pena e nel proprio sconforto. Ed è vero anche l’inverso: ci deve essere sensibilità verso gli altri al fine di poter realizzare questa sorta di solidarietà passiva. Gli esseri umani condividono la stessa sorte: l’ignoranza del proprio destino, il dolore che sembra senza fine e il fatto di essere effimeri.

Vi è un grande paradosso: l’umanità sarà sempre l’umanità e tuttavia le anime individuali si evolvono soltanto con il loro passaggio in questa vasta comunità. Sì, l’umanità sarà sempre l’umanità: è uno stadio intermedio dell’evoluzione tra il regno animale e il regno spirituale, uno stadio in cui i componenti non sono più degli animali e non sono ancora del tutto spirituali. In questa comunità ci sono lezioni da imparare, stadi da raggiungere e una comprensione da realizzare per poter avanzare nel processo dell’evoluzione. Ad ogni nuova onda evolutiva la mente cresce nelle forme e le rende più adatte all’onda successiva. La coscienza diventa più sensibile, più attenta, più compassionevole… più intelligente… Coloro che hanno raggiunto i più alti stadi dell’evoluzione non sono più umani, sono un’efflorescenza, sono sovrumani… semidivini. A dispetto della loro profonda sensibilità verso l’umanità, a dispetto della loro esclamazione: “Povera, povera umanità…” essi non hanno sentimenti, ma soltanto degli “obblighi”, secondo le loro proprie parole.

Ma prima dello stato di efflorescenza, la comunità umana è ancora … umana. Essa deve imparare attraverso mezzi temporali con il suo mentale limitato. La compassione è allora il principio di qualcosa di illimitato. La passione è un amore durevole. La compassione è questo amore durevole per tutti gli esseri sensibili. Questi ultimi sono innumerevoli, senza limiti. Quando c’è l’amore, non c’è l’io. Inoltre, quando l’amore è destinato ad innumerevoli esseri, il sé personale non ha più una base per svilupparsi. Guarire se stessi non è guarire le proprie pene ad una ad una. E’ vedere i limiti del punto di vista dell’infinità dissolvendo le frontiere tra l’io e gli altri, tra un sé personale e il Sé Unico. Allo stesso modo, guarire gli altri non vuol dire guarire una persona dopo un’altra, ma piuttosto abbracciare ognuno e tutti in un unico movimento di benevolenza senza limiti, dando loro lo spazio richiesto per guarire se stessi. Questo spazio richiesto è esso stesso infinità. Guarirsi o guarire gli altri non fa differenza, in virtù della consapevolezza una, ed anche perché si è se stessi in essenza, l’umanità, e l’umanità è in essenza se stessi. La compassione è la fine della pena e della sofferenza.

La compassione è anche il rimedio universale contro la pena e la sofferenza. Essa guarisce le ferite del passato, impedisce le preoccupazioni per il futuro raddrizzando le cose nel presente. Essa consente al mentale di ritornare allo stato naturale di salute, senza dividere, senza suddividere in compartimenti, unificando e abbracciando tutto.

I quattro Grandi Voti dei Bodhisattva

Il mentale che abbraccia tutto è il mentale senza misura, il mentale che non si ferma da nessuna parte. Questa qualità del mentale caratterizza uno stato di consapevolezza saturo di benevolenza. Essa viene anche descritta come la consapevolezza del Bodhisattva, il culmine della bontà, la meta finale di questo ciclo di evoluzione. E’ la coscienza di Maitreya, il Buddha “a venire”.

Maitreya, il Buddha a venire, non è una rappresentazione della fede popolare, né una persona, né una deità. Di fatto, è la più alta efflorescenza dell’umanità, il risultato dello sforzo e della realizzazione spirituali ad un certo stadio di evoluzione della coscienza. In questo senso, stiamo creando il Buddha Maitreya … con le nostre azioni e i nostri pensieri, con la disciplina del nostro mentale. Ogni azione viene dal mentale. Ecco perché la benevolenza è il fondamento più saggio per il mentale.

La benevolenza viene dalla giusta via, dalla meditazione e dalla determinazione del mentale ad aiutare l’umanità, a mettere fine alla pena, ad approfondire gli insegnamenti e a realizzare la via del Buddha, come viene indicata nei quattro Voti dei Bodhisattva:

Per quanto innumerevoli siano gli essere sensibili,

Faccio il voto di salvarli tutti.

Per quanto inesauribili siano le illusioni e le pene,

Faccio il voto di spegnerle tutte.

Per quanto incommensurabili siano gli insegnamenti del Dharma,

Faccio il voto di studiarli tutti.

Per quanto suprema sia la via del Buddha,

Faccio il voto di realizzarla completamente.

Che qualsiasi iniziativa di benevolenza sia benedetta!

Che la compassione illumini il cuore degli esseri umani!

Che tutti gli esseri sensibili beneficino del nostro sforzo e raggiungano la felicità!

 

Trân-Thi-Kim-Diêu è la Presidente della Federazione Teosofica Europea.

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