Amore: Perfetta Via

dalle letture sul Mahatma Gandhi

 Di: Bernardino del Boca

 

Gandhi ha dato al mondo un’arma nuova che ha nome “satyagraha”. Questa parola ha il significato di “forza della verità”, ma consiste nel rifiutare obbedienza alle ingiuste leggi, pur accettando di buon grado le sanzioni previste dalle leggi stesse contro coloro che non le osservano, a costo di qualunque sacrificio o privazione, anche a costo della vita.

Per questo il satyagraha è l’arma del forte e non del debole; chi l’usa contro le leggi ingiuste deve obbedire alle giuste: la sua obbedienza acquisterà allora un altissimo valore perché significherà consenso pieno alle leggi e non obbedienza passiva per timore di pena.

Un satyagraha disobbedisce e obbedisce alla legge nello stesso tempo; non si mette fuori legge; anzi, collabora col legislatore mettendo alla prova la sua legge. Poiché lo scopo del satyagraha è questo: che lo stesso legislatore, applicando la legge in tutto il suo rigore, e fino alle conseguenze estreme di cui è logicamente capace, si convinca della insostenibilità di essa.

Gandhi a Ginevra disse: “Mi sembra che il mondo sia ormai stanco delle guerre sanguinose; che il mondo sia disgustato delle menzogne, delle ipocrisie e degli inganni, risultato inevitabile dei metodi bellicisti.

L’India conta trecentocinquanta milioni d’abitanti, rappresenta la quinta parte della popolazione umana, e cerca di ottenere la sua libertà con metodi privi di violenza, nei quali né la menzogna, né la doppiezza, né l’ipocrisia e l’inganno abbiano parte alcuna. Questo movimento non è un movimento passivo, è anzi un movimento essenzialmente attivo, molto più attivo di qualsiasi azione basata sull’impiego di armi micidiali. So che è un esperimento quello che si sta facendo, e non posso dirvi che esso sia già completamente riuscito, ma posso assicurarvi che ha avuto abbastanza buoni risultati perché valga la pena di studiarlo seriamente.

Se l'India riesce in questo esperimento, essa avrà apportato il suo contributo alla grande causa della pace che, attualmente, è l’aspirazione universale. La “non-violenza” non è mai stata concepita come l’arma dei deboli, ma come quella dei forti.

Colui che è pronto a dare la propria vita senza esitazione e nello stesso tempo non si arma per fare del male all’avversario, dimostra un coraggio infinitamente superiore a quello del rivale…. Potreste dire che ciò sorpassa i limiti della resistenza umana. Vi risponderei che l’anno appena trascorso sta a provare che la cosa non è al di là delle umane possibilità. Noi abbiamo dimostrato che queste cose sono realizzabili”.

1931. Il popolo indiano ha di nuovo, per ordine di Gandhi, iniziato la disobbedienza civile. Enormi cortei sfilano per le strade. Gli inglesi mitragliano la folla: molte vittime. Nessuno reagisce, il loro sacrificio farà revocare le ingiuste leggi. Gandhi non vuole che ci si rivolti e ci si vendichi. Non così agisce l’amore.

Ma due studentesse sedicenni, disubbidiscono a Gandhi ed uccidono, nel Bengala, un magistrato britannico. Per Gandhi ciò è causa di grande dolore. Ordina all’India di portare il lutto per la vittima. Gli inglesi si vergognano dell’operato del loro Governo e più amano Gandhi per questo suo gesto! Il Mahatma sa che non si annienta un regime uccidendo i suoi agenti. Questa è una barbara illusione.

A Bombay, 1932. Gandhi parla a trecentomila persone prima del suo arresto: “Ognuno dev’essere pronto ai più duri sacrifici, ma la vita di ogni inglese deve essere considerata sacra, anche se dal campo opposto si ricorresse alle mitragliatrici”. Un’ovazione formidabile sottolinea questo appello. Che differenza con l’Europa, dove le folle acclamano i più violenti. Ancora un contrasto da notare. In Europa è il forte che troneggia sulle montagne, in India è il santuario.

Un indiano gira un documentario sulle prepotenze degli inglesi durante una dimostrazione in favore di Gandhi. La pellicola gli fu sequestrata: l’indiano pronunciò queste nobili parole: “Noi non vogliamo mandare questo film in Europa. Renderebbe odiosi gli inglesi. Farli odiare non è il nostro scopo. Ciò che vogliamo è convincerli”. Dice un indiano: “Andate a chiedere ai nostri feriti la loro opinione su coloro che li hanno feriti durante una repressione degli inglesi: “Dei poveri diavoli”, vi risponderanno, “Dei fratelli che devono guadagnarsi da vivere””.

Da un “Decreto di mobilitazione pacifica” di Gandhi: “La non violenza dev’essere osservata nei pensieri, nelle parole, negli atti, di fronte alle più gravi provocazioni; essendo bene inteso che non si tratta di una campagna per vendicarsi o per fare del male all’oppressore, ma per persuaderlo, soffrendo e purificando se stessi. Il boicottaggio sociale nell’intento di fare torto ai funzionari, agli agenti di polizia o agli antinazionalisti, non deve essere ammesso, poiché esso è assolutamente incompatibile con lo spirito della non-violenza”.

Gandhi non desidera distogliere dalle proprie religioni gli altri popoli. Anzi li incoraggia ad approfondirle. Gandhi rimprovera quei cristiani “per i quali il Cristo ha già fatto tutto in anticipo, e che tollerano tranquillamente le ingiustizie e le guerre, riposandosi sul suo sacrificio”. Chi è veramente cristiano, legga il Sermone della Montagna e viva secondo quella vita. Chi non segue la legge evangelica dell’amore e del non odio, non può dirsi assolutamente un cristiano.

“Io non credo – dice Gandhi – che si possa dire la propria fede ad altri, specialmente per convertirlo. Una fede non la si può dire, la si deve vivere. Solo così essa acquista forza per fare proseliti”.

Anche la donna indiana ha ascoltato la voce di Gandhi, del Mahatma, ed è uscita dalla sua casa, ha tolto il suo velo bianco, per mettere quello color zafferano delle “aiutatrici dei fratelli”. Sfidando le vecchie costumanze, oggi le donne partecipano alla lotta.

Montano la guardia davanti alle banche; boicottano le merci straniere che impoveriscono il Paese. L’induismo proibisce l’alcool, però il governo inglese consegue dalla sua vendita una considerevole entrata. Si consente così al maggior offerente l’apertura di uno spaccio in un villaggio o in una strada.

Davanti a questi bar si vede spesso una volontaria che fa la sentinella. Quando un cliente arriva, essa lo avvicina e lo invita a ritornare a casa: “Fratello abbi cura di te, non rovinare la tua salute, il tuo Paese, la tua famiglia. E’ Gandhi che ti supplica”.

Due volte su tre l’uomo se ne va…. C’è di meglio: il padrone del bar ammira una donna così paziente. A volte le porta una sedia affinché si possa riposare all’ombra. Il negozio è per lo stomaco, è invece per l’anima che offfre da sedere a colei che egli venera.

Gandhi fa applicare all’India il consiglio del Buddha: “Debellare la collera con l’amicizia, il male col bene, l’invidioso con la generosità, il bugiardo con la verità”.

“La nostra storia – scrive Tagore – non è la storia del sorgere e del cadere di regni né la storia di lotte per la supremazia politica… bensì la storia della nostra vita sociale e del conseguimento degli ideali dello spirito”.

Gandhi: “Molti di noi reputano, ed io sono fra questi, che attraverso la nostra civiltà e la nostra cultura noi dobbiamo recare al mondo un messaggio. Vorrei che la razza anglosassone divenisse il mezzo per la diffusione del messaggio dell’ahimsa (amore) al mondo intero”.

Gandhi: “Io non sono contro l’Inghilterra; non sono contro la Gran Bretagna; non sono contro il Governo; ma sono contro la menzogna, contro l’inganno, contro l’ingiustizia. Finché il Governo si associa all’ingiustizia può considerarmi suo nemico, suo implacabile nemico”.

Si deve odiare una cosa sola: questa cosa è l’odio!

“Nell’India antica l’uomo mirava non a possedere, ma a comprendere, ad ampliare la sua coscienza sviluppandosi col e nel suo ambiente. Mentre l’Occidente sembra inorgoglirsi al pensiero che va soggiogando la natura, per l’India il fatto importante è che noi siamo in armonia con la natura. La superiorità dell’uomo consiste non già nel potere del possesso, ma in quello di unione poiché il nostro possesso è la nostra limitazione”.

Da un appello al pubblico di Gandhi, prima di un suo arresto: “Mentre sono certo che tutti, uomini e donne, non rifuggiranno davanti ad alcun sacrificio, né a qualsiasi sofferenza, per traversare coraggiosamente ed umilmente questa nuova prova del fuoco, invito tutti ad osservare la più stretta non-violenza nei pensieri, nelle parole e negli atti, qualsiasi possano essere le provocazioni. Vorrei anche che non si odiassero gli uomini dell’Amministrazione. Non è facile, per loro, sbarazzarsi di abitudini secolari, trasmesse di generazione in generazione. Non è alle persone che noi siamo contrari, bensì alle misure prese”.

Non si può fare a meno di essere profondamente commossi. Leggendo queste righe anche un anglosassone insensibile e cocciuto, sente gli occhi riempirsi di lacrime. Agli inglesi, Gandhi raccomanda poi di non fidarsi delle notizie false, che sono sempre i più grandi ostacoli alla cooperazione.

“Questa lotta dell’India va oltre le notre frontiere. Essa ha valore e importanza internazionale. Sono convinto che se i miei compatrioti manterranno lo spirito di non-violenza sino alla fine, essi avranno inaugurato sulla terra una nuova era”.

Gandhi ad un suo discepolo inglese: “Dite ai vostri concittadini che li amo quanto i miei compatrioti. Non ho mai agito verso di loro per odio o per malevolenza e, grazie a Dio, spero che sempre sarà così. Non mi comporto a loro riguardo altrimenti di quel che abbia fatto verso i miei in circostanze simili”.

Titoli di giornali indiani dopo l’arresto di Gandhi:

La non-violenza è la nostra ancora di salvezza.

Abbandonate ogni traccia di violenza e proteggete assolutamente ogni inglese, uomo, donna o bambino, ufficiale o privato, in qualsiasi circostanza e quali che possono essere le provocazioni.

Non abbiamo odio alcuno. Ci offende solo la perdita del rispetto. Non c’è bisogno d’armi per vincere un pugno di inglesi. Quando né un uomo né una donna fuggiranno davanti alla truppa, saremo vicini alla vittoria.

A rischiare la propia vita è bello, ma toglierla agli altri è un delitto. L’eroismo è contaminato se bisogna odiare, uccidere, mentire, devastare. Se l’India vince la propria causa con la non violenza, essa avrà dato il colpo di grazia al vecchio sistema barbaro, vinto dall’amore.

Non c’è odio! Gli inglesi sono delle crature che passano, come noi, sul ponte della vita.

L’Idia antica metteva gli onori al di sopra del potere. Gli onori dovevano essere riservati agli uomini di studio ed ai legislatori.Il potere agli uomini d’azione. La ricchezza, il guadagno sono al terzo posto ed il piacere al quarto. Onori, potere, ricchezze e piaceri sono rispettivamente i premi delle quattro attività: studio, governo, commercio e lavoro. Non bisogna accomunarli.

Ma come evitare ciò? La risposta è nelle leggi di Manu. Non bisogna eleggere nei Consigli che uomini disinteressati. I candidati non dovrebbero essere coloro che si presentano, ma coloro che sono scelti. Dovrebbero aver superato tutti gli egoismi personali, essere puri da ogni legame d’affari e rappresentare, non il peggio, ma il meglio di se stessi, del villaggio, della provincia o del Paese.

Che cos’è la verità? Essa è queste tre cose: la Conoscenza, frutto del pensiero; la Bellezza, frutto dell’emozione; la Bontà, frutto dell’azione. E’ su questa base che bisogna lavorare per l’unità profonda di tutte le religioni liberate dalle loro strettezze.

Passa il Mahatma Gandhi. I bambini si sono dati la mano per trattenere la folla ai due lati della lunga strada. la folla acclama: “Gandhi ki jai! Gandhi ki jai! Vittoria a Gandhi!”. I bambini cantano “Bande mataram” (salute all’India nostra madre).

La causa dell’India è cara a Gandhi, ma non è che un episodio della storia del mondo. Il suo scopo principale è la soppressione della guerra. Dobbiamo aiutare il mondo! Sappiano che l’odio non apporta che odio, il sangue altro sangue: adoperiamo allora la non-violenza e l’amore. Avremo la pace.

Dalla mia prefazione alle Lettere all’Ashram di Gandhi di prossima pubblicazione: “… E sarà bene parlare, prima di meditare su queste sue “Lettere”, dell’influenza occidentale che è stata accusata nello spirito di Gandhi, influenza che è solo apparente, poiché lo spirito dell’Occidente che ha lasciato tracce in lui, non è che “luce d’Oriente importata in Occidente”.

Quando Gandhi giunge a Londra a completare gli studi, quale reazione alle limitazioni dell’atmosfera familiare creata dalla religione Vaishnava, sente il bisogno di assumere l’aspetto e l’animo di un “gentleman”, e molto fa per riuscirvi, ma tosto il materialismo distruttore della civiltà europea lo disgusta e si vergogna di quella falsa vita. Sente il desiderio di una vita più sincera; abbandona la vita elegante e si ritira in una povera stanza con la sua crisi spirituale.

E’ allora che un amico teosofo lo invita alla sede della Società Teosofica di Londra e gli fa conoscere Annie Besant. Il primo libro che gli viene dato è la Bhagavad Gita, il Poema Divino dell’India, che egli non ha mai letto e dalla cui lettura ritrae un’impressione enorme. Vede il suo Paese sotto una luce nuova che lo lascia ammirato ed entusiasta. Legge in seguito La luce dell’Asia dell’Arnold e Come divenni teosofa della Besant.

La Società Teosofica Internazionale ha portato in Occidente la Sapienza Antica dell’Oriente e nei suoi tre Scopi:

1)      formare un nucleo di fratellanza dell’umanità, senza distinzioni di sesso, di razza, di casta e di credenza;

2)      incoraggiare lo studio comparato delle religioni, delle filosofie e delle scienze;

3)      investigare le leggi inesplicate della natura e i poteri latenti nell’uomo;

mira ad affratellare i popoli ed a spianare con la comprensione tutte le strade che portano l’uomo, attraverso le leggi evolutive, alla sua liberazione dalle limitazioni della materia.

         Da questo spirito teosofico Gandhi riceve l’impulso per tutta la sua opera, ma questo spirito, che gli è presentato da occidentali, non è che la voce dell’Oriente, ed i testi che legge furono scritti nella sua Patria o, se in Occidente, da uomini che si erano ribellati alla civiltà occidentale e che scrissero alla luce dell’Antica Sapienza orientale.

         Nell’ambiente teosofico impara a considerare tutta l’umanità come un essere solo, a cooperare all’evoluzione divina ed a iniziare la sua vita di servizio.

         Queste parole del libro d’oro della Teosofia La Voce del Silenzio saranno da lui segnate su un quaderno per non più essere dimenticate: “Il sole ardente non asciughi una sola lacrima di dolore, prima che tu stesso non l’abbia tersa dall’occhio del sofferente. Ma ogni rovente lacrima umana cada sul tuo cuore, e ci resti e non tergerla mai, finché non sia rimosso il dolore che la produsse”.

         La Besant gli fa leggere in seguito il Sermone della Montagna, ed Il Regno di Dio è in voi di Tolstoj, e lo spirito di queste pagine gli indica il cammino della sua vita e decide il suo ritorno in India. Legge ancora Unto this last di Ruskin, libri di Emerson, di Mazzini, di Carpenter e Walden, or life in the woods di Thoreau, che gettano le basi ideali dei suoi ashram di Phoenix e di Sabarmati.

         Nel leggere queste Lettere che riassumono tutta la dottrina del Mahatma, ed i brevi estratti dal suo giornale Young India che trattano degli stessi soggetti, è da tenere presente questo suo processo di risveglio spirituale in Occidente: si spiegheranno così certe sue frasi che non volgiono fermarsi al solo Ashram di Sabarmati, ma cercano la via dell’Occidente, quasi per restituire all’Europa quell’aiuto che ebbe e che ha tanto fruttificato. “In Europa vi è il Diavolo!” disse più volte il Mahatma e lui conosce le parole che hanno il potere di scacciarlo. In questo piccolo libro vi sono tutte”.

         Il movimento di Gandhi è il nostro movimento. Uniamo il nostro grido a quello del popolo indiano: “Mahatma Gandhi ki jai! Mahatma Gandhi ki jai! Vittoria, vittoria a Gandhi!!”.

         E seguiamolo.

Tratto dagli Scritti Giovanili, volume edito, in occasione del proprio centenario, dal Gruppo Teosofico di Novara nel 2004.

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