La conoscenza teosofica lungo l’asse del tempo:
tradizioni, intuizioni, rivelazioni, aspettative
Di: Tiziana Farinella
Per quanto mi riguarda, questo Seminario avrebbe potuto benissimo intitolarsi: “Orror vacui”.
La grande libertà, a volte, sconfina nell’angoscia! Ma, in barba alla mia scarsa autostima, il mio sfacciato ottimismo ha fatto sì che mi cimentassi in questa relazione. Ho scritto tutto a mano, in corsivo, e c’è un motivo. Parlerò di Teosofia come fluidità e la percussione dei tasti di un computer non mi sembrava consona; come pure la postura composta che si è obbligati a prendere per tichettare parole in modo disorganico.
Scrivere
a penna un fiume di frasi incomprensibili alla stessa autrice (per via della grafia,
naturalmente e non del contenuto!) stando seduta in po’ sbilenca, mi è sembrato
molto più coerente con il concetto di fluidità.
Quando
ho conosciuto
La
seconda, gli occhi di M.me Blavatsky. H.P.B., nonostante fosse di un segno di
fuoco, aveva negli occhi qualcosa di molto liquido, di soffice. Probabilmente
aveva anche problemi renali, ma non è questo! Questo senso di sofficità, di
affondamento avvolgente ma liberatorio, l’ho provato guardando una foto di
Aurobindo e, una volta, tanti anni fa, stringendo la mano di un abate
benedettino.
Ma,
a proposito di fluidità, ho sempre pensato che acqua e verità avessero molto in
comune; per di più, alcuni mesi fa, feci un sogno importante. Una voce mi
diceva che per trovare ciò che cercavo dovevo scendere e non salire.
Non
dovevo cercare di conquistare una vetta, ma scendere fino a trovare il mare.
Da
allora ho cominciato a fare più attenzione a certe cose.
Ho
deciso di cominciare leggendo un bellissimo inno tratto dal Rigveda:
“Né
l’Esser, né il non Esser v’era allora:
Né
l’aria co’ vapor, né il cielo eccelso:
E
chi si mosse? E dove? E chi lo mosse?
L’acqua
esisteva? Ed il profondo abisso?
Morte
non v’era allor, né il suo contrario,
Né
divario fra il giorno e fra la notte:
Un
Solo respirava da sé solo,
Altro
non v’era fuor che questo Solo.
L’oscurità
ravvolta era in tenebra
Sopra un’indistinta massa d’acqua
Ed
il vacuo incombeva sul deserto:
La
forza del calor produsse l’Uno.
E
chi mai sa, chi mai potrebbe dire
Donde
questo creato, donde nacque?
E
vennero gli Dei dopo il Creato?
Ma
chi conosce donde son venuti?
Donde
questo Creato, donde nacque?
E
fu creato oppure increato?
Lo
sa colui che dagli eccelsi cieli
Contempla
il tutto: o forse Ei pur l’ignora?”.
Questo
brano era su un libro scolastico di storia. L’insegnante non lo aveva fatto leggere
in classe, forse le era solo sfuggito o non lo aveva reputato importante. Non
so né come, né perché andai a cercarmelo. Non ero molto diligente, soprattutto
in storia! Avevo quattordici anni e leggendolo provai una forte emozione.
Soprattutto mi colpì quella frase: “eppure fu creato, oppure fu increato?”.
Mi posi molte domande. All’epoca ero molto più intelligente di adesso; infatti ero
piena di complessi!
Quell’inno
si aprì sulla mia vita come una finestra in una stanza buia. Spolverò via con
la sua brezza leggera molte ottuse certezze e portò tante domande, cioè, tanta
vita.
Sembra
che la capacità di fare domande sia legata al secondo chakra che, guarda
caso, è quello che presiede alla creatività e alla sessualità, che poi sono la
stessa cosa. Se non diventerete come bambini non entrerete mai. Bussate e vi
sarà aperto. Il Re Pescatore continua a non guarire dalla ferita all’inguine perché
nessuno pone la domanda. Sono tutti modi per dire che l’importante è
risvegliare in noi la capacità di chiedere. Che è, poi, la capacità di vivere.
In natura i cuccioli e gli uccellini che non hanno la forza di chiedere cibo
sono destinati alla morte.
Non
fate caso se salto un po’ di palo in frasca, lo faccio per due motivi. Uno è
perché sono pigra e tendo ad una conduzione un po’ sciatta delle cose. L’altro
è che lo faccio apposta perché cerco di parlare al lato intuitivo delle
persone, il lato fluido. In genere, l’ordinata struttura lineare ci permette di
rimanere comodamente seduti sulla poltrona delle nostre consuetudini mentali.
Mi
piacerebbe che per un momento riuscissimo a lasciare la poltrona del raziocinio
e ci stravaccassimo sul suolo dell’intuizione.
Il
lato intuitivo, come sappiamo, è quello dei mistici e dei bambini.
Bernardino
del Boca diceva che l’uomo del futuro sarà l’uomo intuitivo, cioè l’uomo
davvero intelligente!
Senza
accorgercene, usiamo spesso termini come: intuizione geniale, trovata geniale.
Il lato intuitivo è il nostro lato credulone e geniale. Credulone ma tutt’altro
che stupido anzi, al contrario, estremamente acuto.
Proprio
come il bambino, ingenuo e disposto alla fiducia, disposto a credere, ma
attentissimo e dotato di chiara visione. L’unico che ha il coraggio di dire: “Il
Re è Nudo!”.
Quando
Gesù diceva: “Se non diventerete come bambini non entrerete mai”, non
credo si riferisse al candore infantile in senso sessuale, come hanno sempre cercato
di farci intendere. Anche perché i bambini sono molto diversi nella loro
purezza dallo stereotipo angelico che ci hanno sempre propinato. Sono puri
perché liberi e non perché privi di sessualità! Va chiarito, però, che il lato
intuitivo-sintetico non va confuso con l’emotività, pur essendo un ottimo
veicolo per esprimerla ed un ottimo strumento per decodificarla.
Il
cervello razionale-analitico ha, invece, scarsa capacità d’interazione con le
emozioni e quindi ne è sempre sopraffatto, spesso inconsapevolmente, del tutto
inconsapevomente.
Va
chiarito ancora che il lato razionale e quello intuitivo non sono e non devono
essere in antitesi. Essi sono e devono essere complementari. Pena lo squilibrio
e l’ottusità. E’ come se un uccello tentasse di volare con una sola ala. L’immagine
del caduceo la dice lunga al riguardo! La falena la dice ancora più lunga! Essa
finisce per morire sulla luce che l’attrae e questo si ha perché, avvicinandosi
alla fonte luminosa, un’ala della farfalla viene danneggiata sempre di più e
l’altra continua a battere da sola provocando il movimento roteatorio.
Praticamente s’innesca un tragico processo irreversibile.
Dicevo:
scendiamo un po’ dalla poltrona e sediamoci a terra.
Osserviamo
che in spiaggia sono i bambini a giacere sulla sabbia; è raro che lo facciano
gli adulti. In genere preferiscono non “sporcarsi”. Stanno su una
sdraio, comodi sì, ma anche limitati nella libertà di movimento.
I
figli dei fiori sedevano spesso a terra, perché erano trasgressivi e così fanno
tutti i popoli cosiddetti primitivi.
A
noi occidentali sembra quasi una sconcezza, una mancanza di dignità.
Sicuramente i vestiti si stropicciano un po’ e le articolazioni fanno strano
rumori, ma si può vedere il mondo da una prospettiva diversa e ci si mantiene
più agili e flessibili.
Sulla
flessibilità Lao-Tzu dice: “Coloro che seguono
Chi
è debole di ambizione è flessibile e cedevole, pacifico e quieto… tranquillo e
spontaneo, quando agisce è sempre tempestivo”.
E
sulla fluidità scrive: “Il motivo per cui l’acqua impersona la suprema virtù
è che essa è cedevole e morbida”. Al mondo niente è più cedevole dell’acqua. La
via dell’acqua è infinitamente ampia ed incalcolabilmente profonda; si estende
indefinitamente e fluisce senza limiti… Gli esseri non possono vivere senza di
lei, nessuna opera può essere compiuta senza di lei.
Abbraccia
tutta la vita, senza preferenze. La sua umidità raggiunge anche gli esseri
sotterranei e non cerca ricompense. Arricchisce il mondo intero senza mai
esaurirsi… Non si può trovare nessun limite alla sua azione. La sua natura
sottile non può essere afferrata… Cedevole e fluida, non può essere distrutta.
Si concede a tutti gli esseri senza ordine di preferenze…”.
Matilde
di Magdeburgo, monaca medioevale, autrice di quell’opera meravigliosa che porta
il titolo di: La luce fluente della Divinità, scrisse molto al
proposito. Riferendosi a Dio e all’anima, lasciò queste parole: “Se tu volessi fluire, ella vorrebbe nuotare,
che il pesce non può restar troppo a lungo sulla sabbia e rimanere in vita”.
E
ancora, dando voce al Divino per mistica ispirazione: “Il flusso del mio Spirito Santo scorre, per sua natura, a valle”.
Quando
andai a lavorare in Valle d’Aosta, entrai in contatto con una serie di
personaggi molto caratteristici ed inconsueti.
In
particolare, ricordo Clementino ed il suo viso rotondo e sorridente. Egli
beveva molto, cosa che lo ha condotto prematuramente alla morte. Reggeva bene
l’alcool e straparlava con sapienza. Inizialmente ero un po’ scioccata, anche
se piuttosto divertita! Col tempo capii che diceva delle assurdità niente
affatto assurde. Era molto profondo. Parlava per immagini, usava un simbolismo
efficace ed acutissimo.
Non
sto proponendo di bere alcolici per raggiungere l’illuminazione, anche perché
non è affatto così. Con le sostanze psicoattive non si raggiunge niente, se non
il proprio annientamento. Tuttavia esse ci consentono di affacciarci per un
attimo su un’altra realtà. Non a caso gli sciamani ne hanno fatto sempre un uso
prudente ed opportuno.
Si
prende coscienza, attraverso queste sostanze, che la realtà altra esiste. E non
è poco. Il trucco sta tutto nella perdita dei freni inibitori che impediscono
l’espressione del nostro lato bambino. Questo può far paura.
Si
teme lo sfaldarsi della mente. In Diario di un pazzo di Gogol si osserva
un disgregarsi angoscioso; si raggiunge una frammentarietà totale, non
ricomponibile. E’ la follia, la perdita di contatto. Si cessa di comunicare,
forse anche con se stessi.
C’è
un film che parla del morbo di Alzheimer ed è intitolato: Il ricordo di cose
belle. La scena finale è un capolavoro, apre una finestra nel nostro
cervello. C’è una perdita totale dell’armonia e quindi di tutti i punti di
riferimento.
Krishnamurti
propone qualcosa che ad un’occhiata superficiale può sembrare simile alla
follia, ma non è così. In ciò che lui suggerisce c’è un inalterato senso della
bellezza, anzi se ne ha un’amplificazione. Le categorie mentali rimangono
inalterate, ma vengono superate ed integrate. La comunicazione diviene più
intensa e profonda, eppure c’è una perdita di contatto con certi valori. C’è
uno scioglimento, non una frammentazione. Il folle perde il contatto, il saggio
perde la maschera. Il vero discernimento si ha soltanto quando entrambi gli
emisferi cerebrali, cioè la funzione analitico-razionale e quella
sintetico-intuitiva, si uniscono in sacre nozze. Dobbiamo creare un ponte,
dobbiamo superare lo steccato che divide in due il nostro cervello.
Gli
ubriaconi passano sotto lo steccato, noi dobbiamo imparare a passarci
attraverso. Per questo meditiamo.
Per
Origene e Plotino la fruitio dei è un’ebbrezza sobria ed il termine “mistica”
deriva da un verbo greco che significa: vedere ad occhi chiusi.
Il
pensiero intuitivo non ha strutture lineari. E’ fluido, simile all’Acqua e mi
spingo fino a dire che esso è un dono dello Spirito. Si muove in modo
spiraliforme, come il serpente, come le colonne barocche, come la musica
barocca! Il pensiero razionale, utilissimo ed imprescindibile, è l’aspetto più
materiale.
Krishnamurti
dice che sono quattro i requisiti per percorrere il Sentiero ed il primo è il
discernimento, inteso come discernimento fra il reale e l’irreale.
In
genere, quando si parla di discernimento si è portati a pensare alla capacità
raziocinante, all’analisi dei fatti. E, in parte, è vero. Tuttavia, il pensiero
raziocinante può cadere con facilità in trappole insidiose, dovute alla logica
stessa.
Il
pensiero è labirintico, quindi possiamo perderci se non abbiamo il filo di
Arianna. Ed il filo di Arianna è l’intuizione. Povera Arianna, che ingrato fu
Teseo! Ma alla fine ella fu salva e sposa di Dioniso!
Qualche
piccolo esempio di labirinto? Di autogoal della mente?
La
proposizione: questo enunciato è falso. E’ vera oppure no?
Godel,
su questo tipo di ragionamento, ha costruito il suo teorema di incompletezza.
Esso, in pratica, con complesse dimostrazioni matematiche, fa cadere la
semplice relazione fra verità e dimostrabilità.
Nel
buddhismo tibetano, durante i riti, intervengono di tanto in tanto dei buffoni
per provocare l’ilarità della gente. E’ ottimo per imparare a non prendersi
troppo sul serio. E’ utile, perché ridere fa bene sia al corpo che allo
spirito. E’ teologicamente corretto perché rammenta a tutti che facciamo parte
del gioco divino. Ma lo scopo principale è risvegliare aree cerebrali che, con
una troppo prolungata serietà, tendono ad addormentarsi.
Il
lato intuitivo viene richiamato all’azione, in modo che gli emisferi cerebrali cantino
all’unisono.
Il
nostro rosario ha la stessa funzione, sia pure attraverso un sistema meno
divertente. E’ ripetitivo e serve ad addormentarsi un po’, a far cadere i freni
inibitori mediante un lieve effetto ipnotico. In questo modo il lato intuitivo
può emergere, ma mentre si ripete bisogna far scorrere i freni e quindi si
conta, cioè si tiene attivo anche il lato razionale.
Non
a caso gli indù hanno il mala, usato
anche dai buddhisti ed i musulmani hanno il tashi
da cui, grazie ai templari, deriva il nostro rosario.
Ma
torniamo al discorso sulla fluidità. All’acqua. Nella Bibbia vi sono tre
tipi di acqua potabile:
1. quella
della sorgenti;
2. quella
dei pozzi;
3. quella
delle cisterne.
Si potrebbero fare molte considerazioni, anche di ordine psicologico, su questo simbolismo, ma ciò che io sono riuscita a cogliere e pescare riguarda soprattutto l’analogia acqua-verità.
1. L’acqua
delle sorgenti sgorga senza bisogno dell’opera umana; è un vero e proprio dono
di Dio. Essa è la più pura, quella dotata di movimento e, dunque, di freschezza
ed energia. Essa è un vero miracolo d’amore (basti pensare all’acqua che sgorga
prodigiosamente dalle rocce, nell’aridità di quei luoghi!). Come
2. L’acqua
del pozzo richiede l’opera umana. La ricerca di qualcosa che, comunque, preesiste
rispetto alla volontà umana, che è nascosta nelle viscere della terra. Essa
resterebbe sconosciuta ed inutilizzata se l’uomo non lavorasse per portarla
alla luce. Essa non è un’acqua stagnante. E’ fresca e gradevole, ma non
vivacemente zampillante come quella delle sorgenti. Per usarla va estratta. E’
3. L’acqua
delle cisterne è un’acqua ferma. La gestione è del tutto umana. Se l’uomo non
saggio e il ricambio non è opportuno, essa può marcire e degenerare. E’
Consiglio
a tutti di vedere il cartone animato di Walt Disney: Alice nel Paese delle
Meraviglie. Anzi, visto che ci siamo vi consiglio di guardare pure Biancaneve
ed i sette nani e di riflettere sul perché uno dei nani, il più giovane, è muto.
E
perché non godersi anche La spada nella roccia? La spada nella roccia è
un viaggio nel tempo. Mentre la spada è nella roccia le cose sono avvenute. E’
il passato. Tutto è fermo, c’è solo potenzialità. Il passato è potenzialità,
per noi che lo abbiamo già vissuto, perché da esso scaturisce il futuro. Ma il
futuro può scaturire solo attraverso il presente, altrimenti il passato diventa
un incubo e l’incubo cerca sempre un succube (che siamo noi!). Il passato non
può essere agito, può essere solo subito; per questo esso piace agli accidiosi.
Se
la spada nella roccia viene estratta, la potenzialità del fallo-spada si
estrinseca. La regina-roccia si richiude, come se mai fosse stata profanata,
nella sua verginità. La vergine è potenzialità, la spada è azione. Il presente
è l’atto di liberare la spada. Solo il Re designato può farlo.
Mentre
viviamo siamo in continuo amplesso. L’universo è un amplesso di Dio con se
stesso, sdoppiato ed innamorato. Egli-Ella cerca il ricongiungimento con se
stesso. Niente paura! Il pensare rinfresca la mente. E’ il non pensare che
stanca!
Nulla
è casuale e tutto è simbolo. Questa stessa vita è in se stessa, forse, più
simbolo che realtà. Ma in verità cosa c’è di più reale del simbolo? Solo l’Essere,
quello che
Comunque,
dicevo di queste anti-particelle che si permettono di viaggiare a ritroso nel
tempo e riflettevo che se fossi un’anti-Tiziana farei ancora in tempo a
rimangiarmi tutte le stupidaggini che ho detto finora. Però, se i nostri anti-noi
stessi potessero viaggiare così tranquillamente, bisognerebbe appendere un
cartello con scritto: Attenzione! Entrando potresti scoprire che sei uscito!
Quindi
chissà poi cos’è la morte? E la nascita? E bisogna poi tenere conto che, per le
anti-particelle, le anti-particelle siamo noi!
Per
i sopravvissuti a questo scempio vorrei sfornare quest’ultima novità! Sapete
che le macchine del futuro non avranno più una struttura rigida, ma saranno
elastiche e morbide, perché verranno fabbricate con materiali polimerici? Cioè
con grandi molecole dalle caratteristiche fluido-elastiche.
Saremo
simili agli organismi viventi e forse i meccanici del futuro, più che a svitare
bulloni, dovranno imparare a fare i massaggi. Si dice scrivere un’icona e non
disegnare un’icona ed io, spero, che questo mio scritto strambo sia una piccola
e modesta icona della Verità, perché penso che di noi resterà solo
Concludo
con una frase di Matilde di Magdeburgo: “