Uno sguardo sul programma originale della Società Teosofica

Di: Danielle Audoin

Nel 1886, rispondendo ad una critica fatta alla Società Teosofica e al suo Presidente, il Colonnello Olcott, Madame Blavatsky redasse una carta, che più tardi fu intitolata: “Il Programma Originale della Società Teosofica”. Essa ricorda le origini della Società, i suoi scopi, il ruolo che ebbero i fondatori e l’atteggiamento che ci si attendeva dai membri.

     Se vogliamo conservare intatto il legame con la nostra fondatrice e Coloro che la guidarono, potrebbe essere interessante ricordare qualcuno dei punti considerati da H. P. B. in questa carta. Non mi soffermerò sulla storia dei primi dieci anni della Società Teosofica e sulle difficoltà che essa incontrò, ma soltanto sulla formulazione degli scopi della Società in quella data (siamo nel 1886 ed è solo dieci anni più tardi che questi prenderanno la forma che conosciamo). Madame Blavatsky ne cita quattro. Il primo è semplicemente: la Fratellanza Universale. Il secondo è così redatto: nessuna distinzione deve essere fatta dai membri tra le razze, le credenze o le posizioni sociali, ma ogni membro deve essere giudicato secondo i suoi meriti personali.

     Vediamo quindi il grande Principio della Fratellanza Universale e in seguito la sua applicazione nella vita pratica dei membri della Società. Forse Madame Blavatsky voleva evidenziare che la Fratellanza Universale non è soltanto un lontano ideale, ma qualche cosa che si può mettere in pratica immediatamente, abolendo certe distinzioni arbitrarie o superficiali tra esseri umani, distinzioni che impediscono relazioni fraterne autentiche.

     Può stupirci che H. P. B. abbia specificato la necessità di questa assenza di distinzioni solo tra i membri. Come mai essa afferma: “Ogni membro sarà giudicato e trattato secondo i suoi meriti personali” e non: “ogni essere umano”? Forse i motivi sono due. Il primo è che la Società Teosofica è destinata a formare un “nucleo” di fratellanza, a far nascere in un piccolo gruppo di persone la presa di coscienza dell’Unità della Vita e a sentirla come una realtà nei contatti che i componenti di questo gruppo hanno tra loro. Il secondo motivo invece è la relativa facilità di sentirsi fratelli con coloro che vediamo poco e che sono distanti. In questo caso applicare la teoria ci impegna molto meno e ci illudiamo di avere migliorato la pratica della fratellanza. Non avviene invece la stessa cosa con coloro che vivono a stretto contatto con noi, con i quali cerchiamo di realizzare un lavoro in comune. Noi tutti sappiamo, tramite il nostro vissuto quotidiano, che non è così facile per i membri della Società Teosofica avere dei sentimenti reciproci di fratellanza, di comprensione, di accettazione dei differenti caratteri, dei modi di vivere e di pensare. Queste differenze non dovrebbero essere così grandi, poiché noi abbiamo tutti lo stesso ideale, le stesse aspirazioni e tutti lavoriamo per la stessa causa. Ma i punti che abbiamo in comune non sopprimono le sfumature, le piccole divergenze che sono tanto difficili da superare in quanto sono più sottili. E’ per questo che ogni distinzione tra membri, che sembra il primo passo verso un sentimento di Fratellanza Universale, potrebbe invece rivelarsi come l’ultimo passo da compiere.

     Il terzo scopo indicato da Madame Blavatsky viene formulato nel modo seguente: “Studiare le filosofie dell’Oriente, principalmente quelle dell’India, presentandole gradualmente al pubblico con varie pubblicazioni che interpretano le religioni essoteriche alla luce degli insegnamenti esoterici”.

     Dobbiamo porre la nostra attenzione sull’insistenza che Madame Blavatsky ha nel raccomandare lo studio delle filosofie dell’India. Pare certo che queste filosofie siano le più adatte a farci scoprire la nostra natura profonda, l’essenza delle cose e, tramite queste, scoprire l’Unità fondamentale della Vita. E’ stato detto che “la ricchezza dell’India è una ricchezza d’interiorità” e che “il suo ruolo è quello di rendere il mondo attento al Mistero della Presenza” (H. Le Saux: Iniziazione alla Spiritualità delle Upanishads), ossia essenza UNA di ogni cosa, che si chiami Dio, Ishvara, Logos o semplicemente la Vita Una.

     Passiamo ora al quarto scopo menzionato da Madame Blavatsky: “Opporsi al materialismo e al dogmatismo teologico con tutti i mezzi possibili, dimostrando l’esistenza di forze occulte nella natura, sconosciute alla scienza, e della presenza di poteri psichici e spirituali nell’uomo; contemporaneamente cercare di allargare la visione degli spiritisti facendo loro vedere che oltre agli “spiriti” dei morti ci sono molti altri agenti all’opera nel produrre fenomeni. La superstizione dovrebbe essere evidenziata ed evitata; e le forze occulte, benefiche e malefiche – che ci circondano permanentemente manifestando la loro presenza in molte maniere – dovrebbero essere dimostrate al meglio delle nostre possibilità”.

     Quanto sopra enunciato è molto più dettagliato di quello che, attualmente, è il terzo scopo. Potremmo pensare che le precisazioni date da H. P. B. erano necessarie alla fine del 1800 e che oggi non lo siano più ma non ne sono così sicura.

     “Opporsi al materialismo ed al dogmatismo teologico con tutti i mezzi possibili” è uno dei compiti più urgenti dei nostri giorni. Il materialismo continua a crescere in tutto il mondo. L’espansione economica, materialista, è considerata come un segno di progresso, d’evoluzione e per questo motivo, sia le nazioni che gli individui, siano essi ricchi o poveri, cercano soltanto di procurarsi delle cose da possedere o di crescere. E’ un atteggiamento quasi sempre evidente, ma a volte incosciente, e i membri della Società Teosofica non sono al riparo da questa tentazione, poiché l’avidità è una tendenza della natura umana.

     In quanto al dogmatismo teologico ne constatiamo gli effetti distruttivi derivanti “dall’integralismo” da esso generato in molte parti del mondo; come per provare che tutto è, tutto è possibile dappertutto e sempre, e che nelle nazioni che si credono le più “civilizzate” c’è ancora questa cecità e questa ignoranza della vera natura dell’uomo e delle sue radici nell’Unità. Assistiamo al crescere della violenza. Distruzioni, massacri la cui origine non è altro che il fanatismo, a sua volta nato dal dogmatismo. Nelle situazioni estreme di cui oggi siamo testimoni non si esita ad uccidere in nome di questi principi cosiddetti religiosi. Esistono anche forme meno brutali d’intransigenza, che però possono fare anche molto male sui piani psichici e che, comunque, contribuiscono ad alimentare il serbatoio d’intolleranza nell’atmosfera mentale dell’umanità. Il dogmatismo è un rifugio contro un senso d’insicurezza. E’ la costruzione di un solido recinto, fatto d’idee arretrate, nel quale ci si rinchiude per proteggersi dal pericolo che gli altri rappresentano. Ogni essere umano che prova un senso d’insicurezza rischia di essere in qualche modo dogmatico; in ogni essere umano può esserci una tendenza, più o meno evidente, verso l’intolleranza e di questo dovremmo sforzarci di essere coscienti.

     E’ evidente che ai nostri giorni, come nel secolo scorso, la maggior parte degli esseri umani non è cosciente dell’esistenza delle forze occulte nella natura”, per esempio della realtà e dell’attività delle forme pensiero. Anche noi, che abbiamo una conoscenza teorica di questo insegnamento, che ci permette di opporci verbalmente o mentalmente al dogmatismo, se non riusciamo ad eliminare dalla mente tutti questi pensieri, queste tracce d’intolleranza, che ci paiono insignificanti, contribuiremo ad ingrandire la gigantesca forma pensiero le cui ripercussioni distruttrici devastano il mondo.

     H. P. B. invita ad allargare la visuale degli spiritisti. Ma quando allude alle forme occulte, benefiche e malefiche, che in permanenza ci circondano e che manifestano la loro presenza in vari modi, questo deve essere compreso come un qualche cosa che si applica a tutti i fenomeni della vita. Non si tratta solo di spiritismo o di arti occulte, ma di “riconoscere l’esistenza di forze occulte nella natura”. Quando queste forze sono percepite ma insufficientemente comprese, ne deriva o un atteggiamento irresponsabile oppure una paura irragionevole che si esprime in superstizioni di ogni genere. Verso la metà del 1900 si credeva, con il progresso della civilizzazione, che la superstizione sarebbe scomparsa. Invece è stata solo inattiva e per niente sradicata. Inoltre l’insicurezza di questi ultimi decenni l’ha risvegliata, come pure ha risvegliato il fanatismo religioso: l’una e l’altro appaiono come dei rifugi.

     Dopo avere enunciato questi quattro scopi, Madame Blavatsky, in questo Programma Originale, dichiara che i Maestri non avevano detto ai due Fondatori quello che “dovevano fare” – ossia questi quattro scopi non li avevano dettati loro – ma dissero quello che “non avrebbero mai dovuto fare”. E “perché sia ancora più chiaro”, essa da le seguenti precisazioni:

1 – I Fondatori devono esercitare tutta la loro influenza per opporsi a qualunque genere di egoismo, insistendo sui sentimenti sinceri e fraterni che i membri devono avere tra loro, almeno esteriormente, operando per portare nella Società uno spirito di unità e di armonia, a dispetto della grande diversità di credenze, aspettandosi dai membri una grande mutua tolleranza e carità per i difetti altrui, un mutuo aiuto nella ricerca delle verità in ogni campo – morale o fisico – così come nella vita quotidiana.

2 – I Fondatori devono opporsi nel modo più energico possibile a qualunque approccio alla fede dogmatica ed al fanatismo… Si deve incoraggiare un grande spirito di ricerca, non intralciato da niente e da nessuno.

     Non pensate che quello che veniva indicato ai Fondatori con tanta insistenza non sia anche quello che ci si attende da ognuno di noi, membri della Società Teosofica? Se vogliamo cercare di condurre una vita teosofica bisogna che ci sforziamo di sradicare dalla nostra natura l’egoismo, sotto tutte le sue forme, così come il dogmatismo e il fanatismo. E’ probabile che, se abbiamo aderito alla Società Teosofica, è perché abbiamo già eliminato le forme più grossolane di queste tendenze separative. Ma forme più sottili avvelenano ancora giornalmente la nostra vita relazionale, creando o alimentando continuamente situazioni conflittuali, non solo nella vita familiare, sociale, professionale, ma anche all’interno della Società Teosofica. Basterebbe che ognuno di noi sapesse riconoscere il proprio egoismo, la propria intolleranza perché un cambiamento si produca, perché avvenga qualcosa, qualche cosa che potrebbe contribuire a un più grande irraggiamento del nucleo della Fratellanza Universale di cui la Società Teosofica ha come missione di esserne la base, la struttura e l’essenza.

Scuola Estiva dei Paesi Latini, Naarden, luglio 1999. Traduzione di Ermanno Vescia.

Danielle Audoin, già Segretario Generale della Società Teosofica Francese è membro attivo della S.T. e autrice di libri e articoli.

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